AGI - Il numero di specie di microrganismi che compongono la biodiversità della barriera corallina nel Pacifico potrebbe avvicinarsi al totale di quelle che vivono sulla terraferma. Lo dimostra una ricerca pubblicata su Nature Communications, che ha analizzato i dati raccolti dalla Tara Pacific Expedition, un progetto multidisciplinare, durato più di due anni, per esplorare la biodiversità di migliaia di barriere coralline nell’Oceano Pacifico, al quale hanno contribuito oltre cento scienziati di ventitré istituti di otto Paesi.
Un mondo ancora inesplorato
I risultati dello studio rappresentano la più grande indagine sulla diversità del microbioma delle barriere coralline fino ad oggi e suggeriscono che il numero globale di microrganismi potrebbe essere stato significativamente sottostimato. Le barriere coralline dell’Oceano Pacifico presentano, dunque, una vasta gamma di biodiversità, finora inesplorata.
Il microbioma è l’insieme del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali della totalità dei microrganismi in un ambiente definito. Le barriere coralline, composte da microrganismi che contribuiscono a guidare e mantenere la produttività e la biodiversità, sono tra gli ecosistemi più diversificati della Terra e supportano circa il 30% della diversità marina, compresi milioni di organismi multicellulari e microrganismi associati.
Questi microrganismi sono un forte indicatore della salute delle barriere coralline, eppure l’estensione della biodiversità delle barriere è inesplorata a livello oceanico. Inoltre, la loro sopravvivenza è a rischio a causa del declino della copertura corallina come conseguenza del cambiamento climatico.
Gli scienziati hanno raccolto un totale di 5.392 campioni di tre specie di coralli (Millepora platyphylla o corallo di fuoco, Porites lobata o corallo a lobo e Pocillopora meandrina o corallo a cavolfiore), due specie di pesci (Acanthurus triostegus o tanga galeotto e Zanclus cornutus o idolo moresco) e plancton in 99 diverse barriere coralline di 32 sistemi insulari del Pacifico, tra il 2016 e il 2018.
Questi campioni sono stati sequenziati per determinare la composizione del microbioma della barriera corallina e mappati per registrare la distribuzione geografica. Gli autori hanno anche misurato la temperatura, la salinità e altre caratteristiche ambientali dell’acqua in ogni sito di campionamento.
Dna e temperatura dell'acqua
Un secondo lavoro svolto da Alice Rouan, Eric Gilson, dell’Università della Costa Azzurra di Nizza in Francia, e colleghi, ha analizzato la relazione tra le variazioni della temperatura dell’acqua e la lunghezza dei telomeri, piccole porzioni di DNA che si trovano alla fine di ogni cromosoma e sensibili indicatori ambientali della salute e dell’invecchiamento di un ecosistema, in due tipi di corallo.
La ricerca ha evidenziato come, da un lato, le variazioni stagionali della temperatura abbiano influenzato la lunghezza dei telomeri nei tipi di coralli duri a vita breve e sensibili allo stress (Pocillopora), mentre, dall’altro, come tipi di coralli duri più longevi e robusti (Porites) siano stati condizionati da ondate di calore e periodi di freddo insoliti, piuttosto che da variazioni stagionali. Questi risultati rivelano che i telomeri di alcuni coralli possono rispondere in modo diverso agli effetti del cambiamento climatico