AGI - L’inquinamento luminoso causato dalle città costiere sembra influenzare i tempi associati alla deposizione delle uova nella barriera corallina, anticipando di diversi giorni i periodi di riproduzione dei coralli. Lo rivela uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, condotto dagli scienziati dell’Università di Plymouth e dell’Università Bar-Ilan, in Israele.
Il team, guidato da Thomas Davies, ha utilizzato una combinazione di informazioni relative all’inquinamento luminoso nell’ambito del progetto ALICE (Artificial Light Impacts on Coastal Ecosystems), finanziato dal Natural Environment Research Council. Il gruppo di ricerca ha esaminato un set di dati globale ottenuto da 2.135 osservazioni sulla deposizione delle uova di corallo avvenute durante il XXI secolo.
Gli eventi di deposizione delle uova dei coralli, spiegano gli esperti, sono fondamentali per il mantenimento e il recupero delle barriere coralline dopo lo sbiancamento di massa e altri eventi simili. I ricercatori hanno dimostrato che gli esemplari esposti alla luce artificiale tendono a riprodursi da uno a tre giorni più in prossimità ai momenti di luna piena rispetto alle specie che si trovano nelle barriere coralline non illuminate.
Questo slittamento, sottolineano gli autori, potrebbe ridurre la probabilità che le uova vengano fecondate. Stando a quanto emerge dall’indagine, 1,9 milioni di chilometri quadrati di Oceano costiero vengono esposti a fonti di inquinamento luminoso importante a una profondità di circa un metro.
“I coralli – afferma Davies – sono fondamentali per la salute dell’oceano globale, ma subiscono gli impatti negativi associati alle attività antropiche. Il nostro lavoro evidenzia che i cambiamenti nell’oceano possono provocare conseguenze negative a diversi livelli”.
Per mitigare questa situazione, osservano gli esperti, potrebbe essere utile promuovere iniziative e normative volte a ritardare l’accensione dell’illuminazione notturna nelle regioni costiere, per garantire che il periodo di oscurità naturale tra il tramonto e il sorgere della luna non influenzi il ciclo riproduttivo delle specie marine. “I nostri risultati – commenta Tim Smyth, collega e coautore di Davies – sottolineano l’importanza di considerare l’inquinamento luminoso artificiale come un fattore di stress per gli ecosistemi costieri e marini, in grado di provocare impatti negativi su vari aspetti della biodiversità”.
Il lavoro ha esaminato le regioni costiere di tutto il mondo. I risultati suggeriscono che le barriere coralline nel Mar Rosso e nel Golfo Persico sono particolarmente colpite dall’inquinamento luminoso. In queste aree, in effetti, le coste hanno sperimentato un forte sviluppo negli ultimi anni.
“L’urbanizzazione – conclude Oren Levy, che dirige il laboratorio di ecologia marina molecolare presso l’Università Bar-Ilan – è associata a serie conseguenze in termini di inquinamento luminoso. I coralli nel Golfo di Eilat/ Aqaba sono noti per la loro tolleranza termica e la capacità di resistere alle alte temperature, ma un disturbo nei tempi di deposizione delle uova potrebbe comportare una riduzione significativa delle popolazioni. È quindi fondamentale agire immediatamente per ridurre l’impatto di inquinamento luminoso su questi fragili ecosistemi mari. Abbiamo la responsabilità di preservare la biodiversità del nostro pianeta e mantenere un ambiente sano e sostenibile per le generazioni a venire”.