AGI - Tre sottotipi di cellule all’interno del cervello delle api sembrano essersi evoluti da un singolo antenato multifunzionale. Descritta sulla rivista Science Advances, questa ipotesi è stata formulata dagli scienziati dell’Università di Tokyo e dell’Organizzazione nazionale giapponese per la ricerca agricola e alimentare (NARO).
Il team, guidato da Takeo Kubo e Hiroki Kohno, ha proposto un nuovo modello per l’evoluzione delle funzioni e dei comportamenti cerebrali superiori nell’ordine degli imenotteri. I ricercatori hanno esaminato in particolare le cellule Kenyon, delle cellule neuronali all’interno del cervello delle api mellifere e di altri insetti che hanno percorso vie evolutive paragonabili, ma differenti.
Gli studiosi hanno scoperto che tre sottotipi di queste unità biologiche potrebbero essersi evolute da un singolo antenato multifunzionale. Questi risultati, commentano gli autori, potrebbero essere utili per ricostruire più accuratamente l’evoluzione di funzioni e comportamenti cerebrali superiori caratteristici degli esseri umani. Il cervello dei mammiferi è grande e complesso, per cui può risultare arduo identificare i cambiamenti neurali e genetici sviluppatisi congiuntamente nel tempo.
In confronto, gli insetti sono dotati di organi cerebrali più piccoli e semplici, particolarmente agevoli da studiare. Il gruppo di ricerca ha utilizzato l’analisi del trascrittoma per identificare i profili di attività genica all’interno dei vari sottotipi di cellule Kenyon e dedurne le funzioni specifiche.
“Ogni sottotipo di queste unità biologiche – riporta Kohno – mostrava somiglianze paragonabili tra le api mellifere e le altre specie considerate. Attraverso una serie di esperimenti sulle larve, abbiamo dedotto che il gene CaMKII potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nella definizione della memoria a lungo termine e che nell’ape mellifera questo gene potrebbe essere stato tramandato allo specifico sottotipo di cellule Kenyon”.
Nonostante le differenze nelle dimensioni e nella complessità dei cervelli di insetti e mammiferi, i due phylum presentano alcuni punti in comune in termini di funzione e architettura di base del sistema nervoso. “Nei prossimi step – conclude Takayoshi Kuwabara, altra firma dell’articolo – cercheremo di capire se il nostro modello sia applicabile all’evoluzione di altri comportamenti. Ci sono molti misteri sulla base neurale che controlla il comportamento sociale. Capire come questo fattore si sia evoluto rappresenta un mistero ancora insoluto e il nostro lavoro potrebbe rappresentare un’indagine pionieristica in questo campo”.