AGI - La prima volta traumatica, poi dopo qualche anno il ritorno in una grotta dove un vecchiocustode profondo conoscitore di storie e leggende ispira l'amore e la passione per la speleologia. Francesco Sauro è uno speleologo di lungo corso: professore universitario di geologia planetaria, è presidente dell'associazione La Venta, che si occupa di spedizioni speleologiche e ambientali in aree remote del mondo. E da tempo addestra gli astronauti per esplorare territori sconosciuti, come possono essere quelli della Luna o di Marte.
Nel 2014 ha realizzato un "sogno lontano": vincere il Rolex Award for Enterprise, In una lunga intervista al New York Times racconta i suoi studi, la passione per le grotte "ancestrali, che ispirano paura e meraviglia" e i progetti della sua agenzia.
"Mio padre mi ha portato per la prima volta in una grotta quando avevo tre anni. Piangevo, perché avevo paura. Racconta al NY Times - Tutto cambiò qualche anno dopo, quando mi portò all'ingresso di un'enorme caverna dove c'era un vecchio che viveva in una piccola casa. Era il guardiano e mi raccontò delle storie sulle grotte che proseguivano più in là nella montagna, che c'era un fiume all'interno. Quando entrammo nella grotta, sentii quanto fosse maestosa. In quel momento la curiosità ha prevalso sulla paura".
La prima spedizione speleologica con La Venta arriva a 19 anni. "È stato incredibile per me avere persone che avevano fiducia in un giovane studente di geologia - racconta Sauro - perché avevo la loro stessa passione. Non c'è niente di più prezioso della tua vita e di quella dei tuoi compagni di squadra". E nel 2014 l'ambito premio, conosciuto da bambino e realizzato grazie alla scoperta di una grande grotta nei tepuis venezuelani. "La probabilità di trovare quella grande grotta era considerata molto bassa a causa del tipo di roccia. Era davvero rischioso, ma pensavo davvero che avremmo scoperto qualcosa che avrebbe cambiato tutto, e dopo quattro anni abbiamo trovato l'enorme sistema di grotte. Quell'anno è arrivato il premio Rolex".
E poi la collaborazione con l'Agenzia spaziale europea e la formazione degli astronauti. Un'idea dell'Esa che Sauro ha raccolto per insegnare come preparare le persone a stare in un ambiente estremo, come le grotte. "Non c'è giorno e notte, non c'è un elicottero che possa raggiungerti se hai un problema. Se finisci le batterie e il cibo, nessuno può aiutarti. Tutto è reale, il rischio è reale e noi usiamo i nostri strumenti, le nostre tecniche, le nostre tecnologie, le nostre operazioni per mitigare il rischio".
Infine il rapporto che si crea tra compagni di squadra, durante una spedizione. Un paradigma per la vita. "L'anello più delicato della catena sono gli esseri umani. Bisogna fidarsi di queste persone e trovare un modo per far sì che si fidino anche di se stesse. Per quanto riguarda il rischio, si tratta di conoscere l'ambiente e di fare passi molto piccoli, cercando di capire da dove potrebbe venire il rischio. E poi tenere sempre presente che non c'è nulla di più prezioso della propria vita e di quella dei propri compagni di squadra".