AGI - Il cervello umano può utilizzare la previsione della parola successiva per guidare l'elaborazione del linguaggio. A rivelarlo uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, condotto dagli scienziati del Massachusetts Institute of Technology, che hanno utilizzato un algoritmo di intelligenza artificiale per esaminare il modo in cui l'organo cerebrale si organizza per elaborare il linguaggio. Negli ultimi anni, spiegano gli autori, i modelli linguistici di intelligenza artificiale sono diventati sempre più efficienti nell'anticipare le parole in una stringa di testo.
Il team, guidato da Nancy Kanwisher, suggerisce che la funzione sottostante di questi modelli potrebbe essere simile ai centri di elaborazione del linguaggio nel cervello umano. "Quanto più un modello è efficace nel predire la parola successiva - afferma Nancy Kanwisher, del MIT - maggiormente si adatta agli schemi del cervello umano". I modelli di reti neurali profonde, continua l'autrice, contengono nodi computazionali che formano connessioni di varia intensità che consentono lo scambio di informazioni.
Il team ha analizzato 43 diversi modelli linguistici, progettato degli schemi per eseguire compiti linguistici diversi e misurato l'attività dei nodi che componevano le reti. Questi modelli sono stati poi confrontati con l'attività del cervello umano, registrata durante l'ascolto, la lettura di testi completi e la lettura di parole che comparivano in sequenza.
Stando ai risultati degli scienziati, che i modelli di previsione della parola successiva più performanti erano associati ad attività molto simili a quelle osservate nel cervello umano. "Il nostro lavoro evidenzia l'importanza della capacità di agire in tempo reale - osserva Joshua Tenenbaum, collega e coautore di Kanwisher - quando si elabora il linguaggio è fondamentale capire ed elaborare gli stimoli in tempo reale".
Gli studiosi sperano di combinare questi modelli linguistici ad alte prestazioni con alcuni modelli informatici precedentemente sviluppati. "Queste ricerche - conclude Tenenbaum - potrebbero portarci a programmi di intelligenza artificiale più completi, e semplificare la comprensione del modo in cui funziona il cervello umano".