AGI – Per adattarsi ai cambiamenti climatici, che si manifestano in particolare con lo scioglimento dei ghiacciai, nell'Artico orsi polari e altri mammiferi utilizzano quattro volte più energia rispetto alle storiche condizioni del loro habitat, indebolendo la propria specie. Lo rivela una ricerca pubblicata sul Journal of Experimental Biology incentrata sulle conseguenze dell’assottigliamento dello strato di ghiaccio per le specie animali che nascono e vivono a quelle latitudini.
Le emissioni di gas serra e il riscaldamento globale stanno profondamente trasformando il clima dell’Artico, obbligando animali quali orsi polari e narvali a consumare molte più energie per sopravvivere in un ambiente in rapida trasformazione. In effetti, secondo vari studi il mare di ghiaccio sul quale gli orsi polari sono abituati a cacciare è diminuito del 13% in media per ogni decennio trascorso a partire dal 1979.
“Il mondo artico è diventato molto più imprevedibile per questi animali” ha riferito alla Bbc Terrie Williams, co-autore del rapporto, del dipartimento di ecologia ed biologia dell’evoluzione dell’Università di California Santa Cruz.
“Specie iconiche come l'orso polare, la foca e la balena sono vulnerabili ai cambiamenti che modificano sia la distribuzione che lo spessore del ghiaccio marino. Mentre le ecologie marine cambiano forma, mammiferi perfettamente adattati a un ambiente congelato in modo affidabile faranno fatica ad adattarsi. Il costo dell'adattamento attuale e futuro sarà elevato” ha avvertito Klaus Dodds, del dipartimento di geografia della Royal Holloway, all’Università di Londra.
I mammiferi sono fisiologicamente progettati per utilizzare la minor quantità di energia possibile. Gli orsi polari sono principalmente cacciatori "seduti ad aspettare" per catturare foche respirando nei buchi di ghiaccio mentre i narvali si sono evoluti per immergersi molto in profondità alla ricerca di prede ma senza fare movimenti veloci. Ora, alla luce delle nuove condizioni ambientali, devono lavorare molto di più per sopravvivere in quanto il cibo che prima consumavano, come il grasso delle foche, è diventato più difficile da reperire.
Gli studi dimostrano che ora gli orsi polari devono spostarsi in media per tre giorni prima di trovare foche o cercarsi in alternativa fonti di cibo terrestre meno cariche di energia, costretti a percorrere distanze maggiori. È improbabile che le risorse terrestri compensino il calo delle opportunità di nutrirsi di foche, il che significa che gli orsi sono significativamente più vulnerabili alla fame.
“Per eguagliare l'energia digeribile disponibile nel grasso di una foca adulta un orso polare dovrebbe consumare circa 1,5 caribù, 37 salmerini alpini, 74 oche delle nevi, 216 uova di oca delle nevi (ovvero 54 nidi con quattro uova per covata) o 3 metri di mirtilli rossi” ha evidenziato la ricerca.
Invece per quanto riguarda i narvali, sono nuotatori di resistenza che possono raggiungere profondità di 1.500 metri, alla ricerca dell'ippoglosso nero, la loro preda preferita. Hanno bisogno di fori affidabili per la respirazione, ma il ghiaccio sta cambiando rapidamente e ora devono muoversi in modi nuovi, il che significa che i fori si sono spostati e in alcuni casi sono scomparsi. “Con una quantità ben definita di ossigeno nei muscoli e nel sangue, scopriamo che i narvali programmano la velocità, la profondità e la durata delle immersioni in modo che corrispondano alla capacità delle loro ‘bombole interne’. Un errore di calcolo potrebbe provocare l'annegamento” hanno riscontrato gli studiosi. La crisi climatica sta anche causando il cambiamento della loro migrazioni, aprendo inoltre le regioni artiche all'attività industriale che sta violando i territori dei narvali. Le orche assassine, un altro predatore apicale, si sono unite all'ecosistema marino artico e sono note per attaccare e uccidere i narvali che si muovono.
È probabile che il declino degli orsi polari e dei narvali abbia un effetto a catena su altri mammiferi dipendenti dal ghiaccio e sulle loro prede, portando a "rapidi cambiamenti nell'intero ecosistema marino artico", affermano i ricercatori. E' probabile che mammiferi come balene beluga, volpi artiche e buoi muschiati siano vulnerabili a cambiamenti simili. In base ai modelli esistenti, si prevede un declino globale degli orsi polari, compreso tra uno e due terzi entro la fine del secolo. “Dobbiamo assolutamente ridurre la nostra impronta di carbonio utilizzando tutta l'ingegnosità umana possibile. Un mondo senza orsi polari e narvali sarebbe indubbiamente un posto più triste” ha deplorato Williams.