AGI - Si chiamano PGPB, dall’inglese plant-growth-promoting bacteria, e sono dei batteri che possono migliorare la salute delle piante e proteggerle dagli agenti patogeni. Li hanno studiati gli esperti dell’Università della Carolina del Nord e dell’Università del Massachusetts, che hanno identificato nuovi batteri in grado di migliorare le rese agricole.
Pubblicato sul Phytobiomes Journal, il loro lavoro suggerisce che diversi gruppi di batteri possono essere utilizzati per aumentare la resa agricola. “Molti PGPB formano comunità di cellule tra loro collegate – afferma Elizabeth Shank dell’Università del Massachusetts, – note come biofilm, che permettono alle sostanze di aderire meglio alle radici delle piante”.
Il team ha utilizzato un metodo basato sulla crescita liquida e identificato più ceppi batterici in grado di aumentare l'aderenza del PGPB alle radici. Il gruppo di ricerca ha eseguito uno screening ad alto rendimento di batteri originariamente ottenuti dalle radici di piante coltivate in natura.
“I nostri risultati – sostiene la scienziata – suggeriscono che le interazioni fisiche o chimiche tra queste diverse specie batteriche si traducono in un mantenimento prolungato dei batteri sulle radici, per cui questi microrganismi possono lavorare insieme per proteggere meglio le piante coltivate e migliorare la loro crescita”. L’esperta aggiunge che lo studio potrebbe rivelarsi utile per comprendere meglio i trattamenti microbici e progettare sistemi in grado di migliorare i raccolti in contesti agricoli.
“Abbiamo verificato che i batteri identificati potessero entrare naturalmente in contatto con le radici negli ambienti del suolo nativo – commenta Shank – e abbiamo esaminato come altri microbi nativi potrebbero alterare il comportamento di ciascun ceppo PGPB. Comprendere il modo in cui i gruppi di microbi associati alle piante possano influenzarne la crescita è fondamentale per la buona resa agricola”.
I ricercatori si sono concentrati sui PGPB attualmente utilizzati nei trattamenti agricoli, in modo che i risultati fossero correlati agli interventi commerciali. “Un impatto importante del nostro lavoro potrebbe incoraggiare ulteriormente le aziende di biotecnologie agricole a considerare l'utilizzo di gruppi di più batteri – conclude Shank – piuttosto che focalizzare l’attenzione su un'unica tipologia di microrganismi. Secondo i nostri dati, infatti, in questo modo sarebbe possibile implementare la resa delle colture e contribuire ad aumentare produzione di cibo”.