AGI - Vanno decisamente sopra le aspettative i risultati dell’efficacia dei vaccini prodotti da Pfizer/Biontech e da Moderna. Se il primo ad essere stato approvato aveva “un grado di efficacia straordinariamente alto - più del 90%, vicino al 95%" ha detto in un’intervista il direttore del National Institute of Allergy and Infectous Deiseases (NIAID) Anthony Fauci, una percentuale più alta di quello dichiarato dalla stessa azienda, oggi arriva la conferma che anche quello di Moderna ha una efficacia analoga.
Si tratta di una percentuale di successo, che se venisse confermata dai dati che saranno pubblicati a valle della sperimentazione di fase III e nel corso dell’Iter per l’autorizzazione richiesto dalla Food and Drug Administration (FDA) è molto superiore alle aspettative.
A luglio dello scorso anno, la Fda aveva posto come condizione per l'approvazione di un eventuale vaccino contro il Covid 19 solo a quei candidati che avessero dimostrato di prevenire la malattia o attenuarne i sintomi su almeno il 50% delle persone su cui sono stati testati. Le aziende produttrici avranno inoltre l'obbligo di continuare a monitorare gli effetti delle immunizzazioni nel tempo.
Concezione molto simile
Non è un caso che sia proprio il vaccino Moderna ad essere il secondo, tra quelli in dirittura di conclusione della sperimentazione di fase III, ad essere arrivato a questo punto. Entrambe i vaccini, quello di Moderna e quello prodotto da Pfizer e Biontech sono infatti molto simili come concezione e, al tempo stesso, rivoluzionari: sono vaccini a RNA.
Si tratta di due farmaci sperimentali che sono destinati ad aprire la strada ad una vera e propria rivoluzione nel mondo della farmaceutica. “I vaccini ad RNA - spiega Giuseppe Novelli, genetista di Tor Vergata - hanno una grande potenzialità: sono rapidi e flessibili perché una volta noto un pezzo di sequenza genica tu puoi costruire un messaggero di RNA che contiene un’informazione limitata per costruire ad esempio, un pezzo di proteina Spike del virus. Questo messaggero che trasporta nelle nostre cellule una informazione stimola le cellule (in questo caso i ribosomi) a produrre quella stessa proteina che è in realtà diventa un antigene, cioè una sostanza estranea al nostro organismo alla quale il nostro organismo reagisce producendo gli anticorpi”.
Un approccio nuovo
“In pratica - ha aggiunto Novelli - con questi vaccini tu fai produrre l’antigene contro cui si chiede di sviluppare la reazione immunitaria direttamente dal nostro organismo. Si tratta di un approccio nuovo e moderno che è molto diverso da quello tradizionale in cui l’antigene veniva in qualche modo somministrato all’interno dell’individuo per stimolarne la reazione immunitaria. Questo approccio - che può essere realizzato in poche settimane - ha poi un ulteriore vantaggio nei confronti delle altre piattaforme tecnologiche nel caso in cui il virus responsabile della Covid-19 dovesse mutare”.
“Sappiamo che il virus muta, perchè sappiamo che muta in continuazione anche all’interno di un singolo individuo e c’è il rischio - ha aggiunto Novelli - che alcuni vaccini possano diventare non più efficaci. Con questa tecnologia, è sufficiente modificare in maniera opportuna la molecola di Rna messaggero, per adeguare il vaccino alle diverse esigenze”.
La flessibilità di questi vaccini potrebbe essere un’arma decisiva contro questo particolare tipo di virus e in fase di sviluppo ci sono altri due vaccini a base di RNa: uno cinese prodotto dall'Accademia delle scienze militari dell'Esercito di liberazione del popolo (PLA), Suzhou Abogen Biosciences e Walvax Biotechnology Co. e uno tedesco sviluppato da Curevac. Entrambi promettono un ulteriore vantaggio competitivo: sono infatti termostabili a temperatura ambiente e quindi potrebbero permettere di superare anche gli ostacoli legati alla logistica del freddo necessaria per garantire la stabilità dei vaccini di Pfizer (-75 gradi) e di Moderna (-20 gradi a sei mesi, e -4 per 30 giorni).
Resta da stabilire la durata della protezione
Questo dei farmaci a base di RNA non è un ambito che riguarda però solo i vaccini. “Lo stesso meccanismo - ha spiegato Novelli - può essere esteso anche ad altri farmaci per la cura non solo di altre malattie infettive, ma anche contro altre patologie, come per esempio i tumori. Attualmente ci sono una novantina di sperimentazioni in corso che riguardano diverse patologie: HIV, zika, citomegalovirus, la rabbia, tumori alla prostata, il melanoma, cancro dell’esofago, alcune forme di leucemia, glioblastoma e alcune forme di malattie genetiche”.
Quello che non si conosce è però “la capacità neutralizzante di questa risposta immunitaria indotta dai vaccini perchè non c’è stato il tempo di valutarla” ha spiegato Novelli. Si tratta di una questione che vale per tutti i vaccini in fase di sperimentazione, inclusi quelli prodotti in maniera più tradizionale, come quelli cinesi (sono tre in tutto quelli in fase avanzata di sperimentazione che già vengono somministrati a larghe fasce della popolazione, soprattutto quella più a rischio), quello russo del Gamaleya Institute di Mosca la cui efficacia è stimata al 92 per cento, per quelli sviluppati da Janseen, la cui sperimentazione è appena ripartita dopo una pausa legata a un accertamento su un possibile effetto collaterale occorso e, infine, per quello prodotto da AstraZeneca e dallo Jenner Institute dell’Università di Oxford in collaborazione con la Irbm di Pomezia. I vaccini sviluppati da Pfizer/BioNTech e da Moderna vengono somministrati in regime con due dosi.
“La durata della loro protezione non è ancora nota”ha detto Fauci. “I coronavirus generalmente non generano una risposta immunitaria con una durata decennale e le persone, anno dopo anno, sono infettate da uno o più dei quattro coronavirus che causano il comune raffreddore.
“Se l'effetto del vaccino ha uno o due anni di durata, va bene, perché possiamo tornare indietro e stimolare di nuovo l’immunità", ha detto Fauci. Nel prossimo futuro, oltre ad avere vaccini a RNA termostabili, potremmo pensare di avere vaccini che siano in grado di contrastare l’infezione di tutti i coronavirus conosciuti.
Uno studio pubblicato su Nature Microbiology, e realizzato da Xiaowang Qu del Translational Medicine Institute dell'Università della Cina meridionale ha infatti dimostrato che i pazienti con Covid-19 convalescenti mantengono una "robusta risposta anticorpale neutralizzante" dopo il recupero che, in alcuni casi, include anticorpi in grado di neutralizzare altri coronavirus.
Gli anticorpi neutralizzanti
Gli anticorpi neutralizzanti, che sono prodotti dai globuli bianchi chiamati cellule B, aiutano a difendere il nostro organismo dall'invasione di agenti patogeni, neutralizzando appunto la loro attività biologica. Tuttavia, si sa poco sugli anticorpi neutralizzanti che si formano in risposta all'infezione da Sars-CoV-2. Nel nuovo studio i ricercatori hanno analizzato i sieri di 67 pazienti in convalescenza da Covid-19 nella provincia Hunan, in Cina, e hanno scoperto che la maggior parte dei pazienti manteneva livelli di anticorpi neutralizzanti un mese dopo aver lasciato l'ospedale e che alcuni dei sieri potevano anche neutralizzare Sars-CoV e Mers-CoV.
I ricercatori hanno trovato risposte anticorpali neutralizzanti più forti nei pazienti che si erano ripresi da una grave forma di Covid-19. Questa risposta è stata associata a una maggiore frequenza di cellule immunitarie circolanti chiamate "cellule T helper follicolari" (TFH), che aiutano le cellule B a produrre anticorpi, rispetto agli individui che si sono ripresi da una forma meno grave dell'infezione. Gli autori concludono che le cellule TFH possono avere un ruolo nell'inizio o nel mantenimento delle risposte anticorpali neutralizzanti. Inoltre, la reattività crociata degli anticorpi neutralizzanti di Sars-CoV-2 ad altri coronavirus suggerisce che potrebbe essere possibile progettare un vaccino pan-coronavirus che protegga quindi da più coronavirus.