AGI - L’intervento è durato poco più di un’ora. Nella sala ibrida dell'ospedale Niguarda di Milano l’équipe è la solita per questo tipo di procedure: cardiochirurghi, anestesisti, tecnici di radiologia e infermieri. Si tratta di sostituire una valvola al cuore per via percutanea a una donna di 82 anni. Per la sedazione però c'è una vera e propria rivoluzione, l'ipnosi. Al Cardiocenter di Niguarda, che è sostenuto dalla fondazione De Gasperis, si opera infatti anche con questo sistema. Normalmente questo intervento richiede la somministrazione di farmaci sedativi, si tratta infatti di una procedura mini-invasiva con cateteri sottilissimi “che viaggiano all’interno” del corpo con al loro interno una valvola di bio-materiale auto-espandibile.
L'operazione per sostituire una valvola danneggiata
“Il punto di accesso è l’arteria femorale - spiega Giuseppe Bruschi cardiochirurgo in sala dell’équipe diretta da Claudio Russo - da qui sotto guida angioscopica e fluorografica, navigando nei vasi sanguigni, si raggiunge la valvola cardiaca danneggiata che viene sostituita da quella nuova che viene sfilata dal catetere”.
Le condizioni fisiche della paziente però non permettevano la sedazione, a causa di uno stato di sofferenza polmonare legato a una broncopneumopatia cronica ostruttiva e agli esiti di una recente polmonite, unito a una particolare conformazione anatomica del collo che in caso di complicanze avrebbe reso difficile l'intubazione.
Normalmente questo intervento richiede la somministrazione di farmaci sedativi, si tratta infatti di una procedura mini-invasiva con cateteri sottilissimi “che viaggiano all’interno” del corpo con al loro interno una valvola di bio-materiale auto-espandibile.
“Il punto di accesso è l’arteria femorale - spiega Giuseppe Bruschi cardiochirurgo in sala dell’équipe diretta da Claudio Russo - da qui sotto guida angioscopica e fluorografica, navigando nei vasi sanguigni, si raggiunge la valvola cardiaca danneggiata che viene sostituita da quella nuova che viene sfilata dal catetere”.
Pericolosa la 'classica' anestesia
Le condizioni fisiche della paziente però non permettevano la sedazione, a causa di uno stato di sofferenza polmonare legato a una broncopneumopatia cronica ostruttiva e agli esiti di una recente polmonite, unito a una particolare conformazione anatomica del collo che in caso di complicanze avrebbe reso difficile l'intubazione. Da qui il ricorso all'ipnosi. La procedura, completata dal ricorso a una leggera anestesia locale, è stata condotta da Sandra Nonini, specialista dell'Anestesia e rianimazione 3 diretta da Maria Pia Gagliardone.
"Ho fatto concentrare la paziente su un punto - ricorda - e l'ho portata a lavorare sulla respirazione. Quindi l'ho portata a immaginare di trovarsi nel suo luogo sicuro. In questo stato di trance, che è ben diverso dal sonno, abbiamo potuto completare l'intervento grazie a uno stato di immobilità tenuto dall'inizio alla fine della procedura".
Nessun fastidio al risveglio, solo bei ricordi
Al risveglio la paziente - che per tutta la durata dell’intervento ha mantenuto un’ottima stabilità dei parametri respiratori ed emodinamici (quelli che preoccupavano in caso di sedazione)- ha riferito di non aver sentito alcun fastidio e che con la mente è andata alla sua infanzia: per tutto il tempo correva tra i prati con una capretta, così come faceva da bambina. I colori erano molto vividi e si ricordava di un profumo di limoni selvatici.
Perchè riesca il paziente deve crederci
"Dal punto di vista dell’efficacia - spiega Nonini - le condizioni sono due. Prima di tutto occorre che il paziente avverta il bisogno di ricorrere a questa tecnica o la curiosità di sperimentarla; in altre parole, deve ‘crederci’".
Posta questa premessa, grazie al supporto dell’ipnologo il paziente viene accompagnato per tutta la durata della procedura. Dal punto di vista delle regole, inoltre, la prima e ovvia condizione è che il paziente abbia dato il suo consenso. E, sia chiaro, il ricorso all’ipnosi non è praticabile per tutte le tipologie di procedure. Certo non negli interventi a cuore aperto o che implicano l’apertura del torace, dello sterno o dell’addome. Mentre va benissimo quando si interviene per via percutanea, come nel caso di impianti e sostituzioni di defibrillatori, pacemaker, valvole aortiche...
La dottoressa aggiunge che "il paziente in ipnosi mantiene il controllo di sé e percepisce ciò che accade nell’ambiente circostante; nel frattempo, riesce a sfruttare abilità che il suo cervello già possiede, ma che da sveglio non è in grado di utilizzare, per innalzare la soglia del dolore, tenere l’ansia sotto controllo e mantenere l’immobilità. Inoltre, un minore ricorso a farmaci sedativi implica tempi di ‘smaltimento’ e di ripresa più rapidi. Senza contare che l’ipnosi è utilissima nel caso di pazienti che per qualche ragione non possono essere sedati o anestetizzati, magari perché allergici a determinati principi farmacologici".
Non tutte le persone sono ipnotizzabili
Non tutte le persone però sono ipnotizzabili (circa l’80%) e per quelli che sono suscettibili all’ipnosi ci sono diversi test a cui sottoporre il soggetto preventivamente. “E’ importante anche che ci sia un colloquio con il paziente prima della seduta per spiegare nel dettaglio e fugare ogni eventuale dubbio. L’ipnosi rimane comunque una via complementare e non alternativa alle normali tecniche anestesiologiche - precisa Nonini - Va inoltre sottolineato come le procedure mediche sotto ipnosi stiano a poco a poco prendendo piede anche in Italia con diverse applicazioni in ambito chirurgico e non solo”.