Nuovi esopianeti, tra i quali anche una SuperTerra sono stati scoperti, dopo un lavoro lungo e complesso, che ha richiesto anni di osservazioni e l’integrazione di molte centinaia di misure, da un gruppo di ricercatori guidato da Serena Benatti, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. I ricercatori hanno scoperto un primo esopianeta attorno alla stella di tipo solare HD164922, già nota per la presenza di altri due pianeti.
Decisivo, anche in questo caso, è stato il contributo dello spettrografo HARPS-N installato al Telescopio Nazionale Galileo dell’INAF sulle Isole Canarie, utilizzato nell'ambito del progetto GAPS (Global Architecture of Planetary Systems).
In quasi sei anni di osservazioni, HARPS-N ha raccolto oltre 300 spettri ad alta risoluzione della stella HD164922, distante da noi 72 anni luce in direzione della costellazione di Ercole.
Obiettivo del team era indagare la presenza di ulteriori pianeti di piccola massa e più vicini alla stella madre oltre i due già noti, ovvero un gigante di tipo gassoso in un'orbita ampia, con un periodo di 1200 giorni, e pianeta di massa nettuniana con un periodo di 76 giorni.
La scelta di HD164922 per questo tipo di ricerca non è stata certo casuale: grazie ad una prima ispezione delle velocità radiali e degli indici di attività stellare, erano stati rilevati alcuni segnali interessanti legati a quella stella.
Tramite una complessa analisi su una serie di quasi 700 punti di velocità radiali ad alta precisione (ottenuti non solo da HARPS-N ma anche da altri strumenti), i ricercatori sono riusciti a rivelare nel sistema planetario anche la presenza di una super-Terra assai vicina alla stella madre, completando un’orbita in poco più di dodici giorni, e una massa minima di quattro volte quella del nostro pianeta.
“La particolarità di questo lavoro consiste nell’enorme sforzo osservativo e computazionale che è stato richiesto” commenta Serena Benatti, ricercatrice INAF a Palermo e prima autrice dell’articolo che descrive la scoperta, accettato per la pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics.
“Per monitorare l’orbita del pianeta più distante e per modellare al meglio l'attività stellare, abbiamo effettuato più di cinque anni di osservazioni e raccolto molti dati. Abbiamo analizzato quasi 700 punti di velocità radiale, quelli fondamentali ottenuti con HARPS-N a cui abbiamo aggiunto quelli già raccolti da altri gruppi di ricerca: il codice che ha permesso di modellare al computer il segnale dell'attività stellare, quello dei due pianeti già noti e quello del nuovo pianeta che stavamo cercando, ha dovuto lavorare per circa cinque mesi prima di consegnarci il risultato.”
Ma c’è di più. L'analisi dinamica del sistema mostra che le orbite dei tre pianeti sono stabili nel tempo e ha permesso di identificare altre regioni nelle quali un ulteriore pianeta potrebbe orbitare: una di esse comprende la zona abitabile del sistema. “Nonostante i nostri sforzi, non abbiamo rilevato alcun oggetto in queste regioni, almeno fino alla minima massa rilevabile dai nostri dati”, dice Benatti.
“Le informazioni raccolte però, ci permettono di comprendere meglio la storia evolutiva di questo sistema planetario, che molto probabilmente è stato modellato da un processo di migrazione attraverso il gas del disco protoplanetario, che si è arrestato dopo la sua dissipazione”.