Uno scheletro femminile rinvenuto in Toscana suggerisce che ai tempi degli antichi romani la celiachia veniva trattata con la medicina cinese. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni di uno studio dell'Università Tor Vergata di Roma, pubblicato sulla rivista Archaeological and Anthropological Sciences. La donna, affetta da celiachia, aveva assunto ginseng e curcuma, stando ai residui chimici ritrovati nella placca dentale, probabilmente ingeriti per alleviare i disturbi intestinali. Poiché entrambe le spezie sono originarie dell'Asia sud-orientale, la ricerca suggerisce un antico commercio di piante medicinali.
La donna aveva circa 20 anni al momento della morte e il fatto che fosse stata sepolta insieme ad alcuni gioielli d'oro suggerisce un ricco passato, il quale sembrava essere smentito però da evidenti segni di malnutrizione e perdita di ossa. Quando i ricercatori hanno esaminato il suo DNA circa una decina di anni fa, hanno scoperto alcuni geni del sistema immunitario associati ad un alto rischio di sviluppare la celiachia, un disturbo autoimmune in cui le persone manifestano sintomi come il dolore addominale a seguito dell'ingerimento di cibi ricchi di glutine.
La celiachia può causare perdita ossea. Questa donna rappresenterebbe uno dei primi casi noti della malattia. Nello studio i ricercatori hanno esaminato la placca che si è accumulata sui suoi denti, che può intrappolare particelle di cibo e residui chimici, identificando minuscole particelle di amido come provenienti dal grano o da una pianta strettamente correlata, il che suggerisce che la donna ha consumato cibi ricchi di glutine che avrebbero scatenato attacchi autoimmuni.
I risultati delle analisi hanno rivelato inoltre molecole organiche che i ricercatori ritengono essere marcatori tipici dei rimedi erboristici locali, tra cui menta e valeriana, entrambi raccomandati dai medici greci e romani come trattamento per il mal di stomaco. Più sorprendentemente, i ricercatori hanno anche trovato tracce chimiche che dicono siano marcatori tipici di curcuma e ginseng. È improbabile che entrambe le piante siano cresciute in Italia in quel momento, ma entrambe venivano tradizionalmente usate come medicinali nel Sud-Est asiatico per curare, tra gli altri, problemi digestivi.
I ricercatori affermano che ciò indicherebbe scambi di piante medicinali e conoscenze mediche tra il Mediterraneo e l'Asia sud-orientale risalenti a più di 2000 anni fa. "In un mondo senza medicina moderna le persone avrebbero utilizzato qualunque rimedio che si pensava potesse funzionare", afferma Eivind Heldaas Seland all'Università di Bergen in Norvegia sulla rivista New Scientist. Ci sono alcuni riferimenti letterari antichi greci e romani sull'utilizzo della curcuma in medicina. "Ma per quanto ne so tale uso non era stato attestato archeologicamente prima", commenta. "È certamente possibile che anche il ginseng abbia raggiunto Roma", sostiene Matt Fitzpatrick della Flinders University, in Australia.
"Erano operative le rotte terrestri, compresa la famosa via della seta, e le merci avrebbero potuto raggiungere anche Roma attraverso le rotte commerciali dell'Oceano Indiano, sebbene il ginseng non sia menzionato nei testi medici romani", prosegue il ricercatore. Prima di accreditare l'ipotesi sull'utilizzo delle spezie in Italia sarà necessario accumulare ulteriori prove. Marco Leonti dell'Università di Cagliari afferma che lo studio non fornisce dettagli sufficienti sull'analisi chimica per consentire ad altri ricercatori di giudicare la solidità delle prove.
Gismondi e Canini sottolineando che l'analisi del loro team ha rivelato la presenza di diversi composti chimici che possono essere attribuiti alla curcuma e molti altri che indicano il ginseng. "Sappiamo che il ginseng è stato usato in medicina 2000 anni fa in Cina, afferma Miranda Brown dell'Università del Michigan", spiegano. La ricerca non è la sola a suggerire contatti commerciali tra l'Eurasia orientale e occidentale risalenti a 2000 anni fa o addirittura antecedenti. Brown sottolinea che alcuni studiosi hanno notato somiglianze nell'arte greca e cinese antica nel I e II secolo d.C., suggerendo scambi di natura artistica. "Allora perché non sarebbe potuto succedere anche con le spezie medicali?", si chiedono gli studiosi.