Per far fronte all'emergenza climatica entro i prossimi 10 anni la produzione di carne da allevamenti non dovrà più aumentare. E' l'appello lanciato da un gruppo di circa 50 scienziati in una lettera pubblicata sulla rivista Lancet Planetary Health. Gli studiosi chiedono ai governi dei paesi più ricchi di fissare una data entro la quale l'aumento della produzione di bestiame si deve fermare perché questa rappresenta al momento una fonte significativa e in rapida crescita di emissioni globali di gas serra.
I bovini e le pecore emettono grandi quantità di metano e sono la causa della distruzione delle foreste utilizzate per creare pascoli e far crescere cereali con cui nutrire gli animali in allevamenti intensivi. Gli scienziati di tutto il mondo concordano sul fatto che andrebbero significativamente ridotte le emissioni di anidride carbonica per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Centigradi. Oltre l'80 per cento dei terreni agricoli viene utilizzato per l'allevamento, ma produce solo il 18 per cento delle calorie degli alimenti.
Ridurre la carne e i latticini e puntare invece sulle diete a base vegetale, libererebbe la terra e la restituirebbe alla Natura. I ricercatori affermano che è la migliore opzione attualmente disponibile per immagazzinare grandi quantità di carbonio. La ricerca di carne, latte e uova è aumentata da 758 milioni di tonnellate nel 1990 a 1.247 milioni di tonnellate nel 2017. "La domanda di cibo dovrebbe aumentare enormemente man mano che la nostra popolazione si espande verso i 10 miliardi", afferma Matthew Betts alla Oregon State University, negli Stati Uniti, e autore della lettera. "La riduzione della domanda umana di proteine animali rallenterebbe notevolmente il tasso di perdita globale delle foreste, con enormi vantaggi per la biodiversità e i servizi ecosistemici, oltre allo stoccaggio del carbonio", aggiunge.