AGI - Il tasso di insorgenza della celiachia in Italia è uno dei più alti al mondo, con circa un bambino su 60 colpito dalla condizione, ma la sottodiagnosi della malattia rappresenta ancora un problema notevole. Lo evidenzia uno studio, pubblicato sulla rivista Digestive and Liver Disease, condotto dagli scienziati della Società Italiana di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica (Sigenp), e dell'Unità Operativa di Gastroenterologia Pediatrica e Fibrosi Cistica dell'Università di Messina.
Il gruppo di ricerca, guidato da Claudio Romano e Carlo Catassi, ha presentato i risultati del lavoro durante una conferenza stampa, a Roma, presso la sede del Ministero della Salute. I ricercatori hanno considerato i dati di circa 9000 alunni delle scuole elementari di Verona, Milano, Roma, Padova, Salerno, Ancona, Bari e Reggio Calabria. La celiachia, spiegano gli esperti, se non diagnosticata precocemente, puo' portare a complicanze tardive anche gravi, come osteoporosi, infertilità o tumori.
"Malgrado il crescente interesse verso questa condizione nell'ambito medico e generale - osserva Romano, presidente della Sigenp - i casi di celiachia non diagnosticati restano troppo numerosi". Nel corso dello screening gli scienziati hanno raccolto campioni di sangue per valutare la presenza di anticorpi e la predisposizione genetica alla celiachia.
I bimbi con positività genetica, circa il 42 per cento della coorte iniziale, sono stati poi sottoposti a uno screening di secondo livello per accertamenti successivi. Il lavoro, il più ampio mai condotto in Italia, rivela che sul territorio nazionale circa un bambino su 60 sviluppa la celiachia, e in molti casi la problematica non viene diagnosticata.
"Solo il 40 per cento dei casi ottiene una diagnosi di celiachia su basi cliniche - riporta Catassi - i medici prestano molta attenzione al minimo sospetto di celiachia, ma spesso i genitori non rilevano sintomi particolari e non ritengono necessaria la visita dal pediatra o dal medico specialista".
Sintomi e numeri
Tra i primi campanelli di allarme, gli esperti sottolineano la familiarità, la presenza di patologie autoimmuni, la diarrea, la stitichezza, l'anemia, i dolori addominali frequenti, la nausea o la stanchezza cronica.
La patologia si può manifestare a ogni età, anche se generalmente insorge durante lo svezzamento, quando il bambino inizia a introdurre il glutine nella propria alimentazione. La fascia d'età più colpita è quella che va dai 2 ai 10 anni.
Secondo quanto emerge dall'indagine, inoltre, le bambine sembrano più soggette alla problematica rispetto alle controparti maschili con un rapporto di due casi a uno.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, gli scienziati hanno scoperto che l'Italia rappresenta uno dei paesi più colpiti, insieme a Svezia, Finlandia, India e Nord Africa. Giappone e Filippine costituiscono invece le due realtà in cui il tasso di insorgenza della celiachia risulta più basso.
"Questa differenza - spiega Simona Gatti, della Clinica Pediatrica dell'Università Politecnica delle Marche di Ancona - potrebbe dipendere dall'alimentazione ricca di riso".
I fattori di sviluppo
Da ultimo, gli autori riportano i fattori che contribuiscono allo sviluppo della malattia, sottolineando che il rischio di sviluppare la celiachia dipende per il 40 per cento dalla predisposizione genetica, per il 40 per cento dall'alimentazione, mentre il restante 20 per cento, secondo una stima orientativa del team, può essere attribuito a fattori ancora sconosciuti.
"Alla luce di questi risultati - concludono gli esperti - sarà necessario individuare strategie di intervento per tenere sotto controllo il fenomeno. Le indicazioni emerse dal nostro studio sottolineano la necessita' di uno screening nazionale della celiachia, dato che la sotto-diagnosi rappresenta un problema ancora importante".