AGI - Dall’inizio della pandemia di Covid-19, in media nel mondo l’aspettativa di vita alla nascita è diminuita di 1,4 anni, segnando il livello più basso dell’ultimo decennio.
Nello stesso periodo – tra 2019 e 2021 – chi è nato in Italia ha perso 6 mesi di aspettativa di vita, passata da 83,5 anni a 82,9. I dati sono contenuti nell’ultimo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp), evidenziando che l’aspettativa di vita è quindi passata da 72,8 anni nel 2019 a 71,4 nel 2021.
Un calo in netta controtendenza rispetto agli ultimi decenni - tra il 1950 e il 2019 – durante i quali, invece, è stata in costante aumento, facendo guadagnare in media 27,1 anni di vita all’umanità. Nel 2020, anno ‘clou’ della pandemia , il dato negativo è stato comune al 70% dei Paesi del pianeta, che hanno visto calare l’aspettativa di vita media; un trend che si è confermato l’anno successivo nei due terzi delle nazioni, sia in quelle più ricche che meno sviluppate.
Nei Paesi Ocse, da 80,4 è scesa a 79 anni e in quelli meno ricchi da 65,3 a 64,2. Nel dettaglio, l’aspettativa di vita è passata da 74,4 a 72,9 in Europa e Asia centrale, da 75,6 a 72,1 in America latina, da 69,9 a 67,9 in Asia del Sud, da 61,5 a 60,1 in Africa subsahariana.
L’unica eccezione riguarda l’Asia orientale, dove ha invece segnato una leggera progressione, da 75,4 a 75,6 anni.
I Paesi in cui l’aspettativa di vita è calata maggiormente sono, tra i tanti, Bolivia (-7,9 anni), Oman (5,4), Cuba (-5,1), Messico (-4,9), Colombia (- 4,5), Perù (-4,3), Indonesia (4,1), Russia (-3,2), Brasile (3,1), India (2,5) e Stati Uniti (1,7). Tra le eccezioni la Cina, dove si è registrata una progressione di 1,3 anno e in Giappone di 0,2, mentre in Europa è diminuita nella maggior parte dei Paesi – tra 1,1 e 0,2 – quali Portogallo (-1,1), Germania (- 0,7), Italia (-0,6), Regno Unito (-0,6) e Francia (- 0,2), mentre è cresciuta in Norvegia (+0,8), Danimarca (+0,5) e Svezia (+0,2).
I dati globalmente negativi sull’aspettativa di vita si ricongiungono con quelli contenuti in un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità in base ai quali nel mondo una persona di meno di 70 anni muore ogni due secondi per patologie croniche quindi prevenibili, quali diabete, tumori e malattie cardiovascolari.
A essere più colpiti da queste morti premature – in tutto almeno 17 milioni di persone – sono nell’86% dei casi abitanti dei Paesi a reddito medio-basso, la maggior parte dei quali potrebbe essere evitata o ritardata se avessero accesso alla prevenzione, al trattamento e all'assistenza.
Lo studio dell'Oms, diffuso nel contesto dell’Assemblea generale dell'Onu in corso a New York, evidenzia che queste malattie rappresentano una delle più grandi sfide per la salute e lo sviluppo del secolo, ma sono "trascurate e sotto finanziate", secondo il rapporto intitolato “Numeri invisibili”.
Solo pochi Paesi restano sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi di sviluppo globale volti a ridurre di un terzo le morti premature dovute a malattie non trasmissibili entro il 2030, dimostrando che il mondo non sta prestando attenzione alla reale portata di queste malattie, che causano circa 41 milioni di morti ogni anno, o 74% di tutti i decessi a livello globale. Almeno 17 milioni di persone muoiono prematuramente prima dei 70 anni ogni anno a causa di malattie non trasmissibili, tra cui malattie cardiache, cancro, diabete e malattie respiratorie.
Le malattie cardiovascolari - malattie cardiache e ictus - uccidono più persone di qualsiasi altra malattia, rappresentando un decesso su tre all'anno o quasi 18 milioni di morti. "Due terzi delle persone con ipertensione vivono in Paesi a reddito medio basso, ma quasi la metà delle persone con ipertensione non sa nemmeno di averla", hanno sottolineato i ricercatori. Circa un decesso su sei si verifica per cancro, uno su 13 per malattie respiratorie croniche e uno su 28 per diabete. Più di 8 milioni di decessi ogni anno sono attribuiti al consumo di tabacco; le diete malsane rappresentano un numero simile.
Le statistiche dell’Oms non sono solo numeri ma storie di vita quotidiana e di problematiche legate alla salute e all’accesso alle cure. Ad esempio, come riferito da Bente Mikkelsen, responsabile Oms per le ‘Noncommunicable diseases’ (NCD), l'invasione russa dell'Ucraina ha interrotto molti servizi sanitari, incluso l'accesso all'insulina per le persone con diabete. Di conseguenza circa il 9% degli adulti ucraini ha aumentato il proprio livello di glicemia e, con l'escalation del conflitto, milioni di persone affette da diabete hanno rischiato di non poter accedere ai farmaci salvavita quotidiani di cui hanno bisogno. In tutto, conclude il rapporto, quasi 40 milioni di morti potrebbero essere evitati entro il 2030 se i Paesi adottassero gli interventi che sono noti per funzionare.