AGI - Di fatto nessuno crede che la pandemia sia scomparsa. In primo luogo gli ospedali, che dopo aver combattuto per quasi due anni a fronteggiare un carico di lavoro esorbitante, ora si stanno riorganizzando e ristrutturando per prepararsi a quando arriverà la prossima crisi.
“I medici del Rady Children's Hospital di San Diego – segnala il New York Times –avevano già iniziato a progettare una trasformazione da 1,2 miliardi di dollari, quando la pandemia li ha costretti a cambiare direzione: l’impianto della struttura avrebbe dovuto evolversi. "Quando è arrivata la pandemia, ha davvero cambiato il modo in cui progettiamo l'assistenza sanitaria", riflette il dottor Nicholas Holmes, direttore operativo di Rady, l'unico ospedale pediatrico nella contea di San Diego e il più grande della California.
"Ciò che abbiamo imparato negli ultimi anni, prima di tutto, è essere il più flessibili possibile nella progettazione". Insomma, quella ospedaliera tradizionale prevede che vi siano reparti che proteggano e separino i pazienti più vulnerabili e contagiosi, con caratteristiche che non si trovano nelle normali stanze di degenza.
Questi includono sistemi di flusso d'aria modificabili per impedire ai microrganismi di viaggiare oltre le pareti della stanza; testate dietro i letti per macchinari elettrici e a gas e, in generale, una disponibilità più ampia per ospitare apparecchiature specializzate come i ventilatori. Ma ciò non è sufficiente, perché in tempi di crisi, gli ospedali richiedono, semmai, molti di più di questi spazi specializzati, con diversi protocolli d’isolamento per malattie diverse.
Racconta il Times che al Rady Children's Hospital, dove una nuova torre di sette piani ospiterà un'unità di terapia intensiva e un pronto soccorso, “i progettisti hanno esaminato le lezioni apprese con il Covid e hanno deciso di demolire la forma rettangolare originale della torre” mentre al suo posto ne hanno creata una a X, con un reparto da 60 posti letto che “può essere convertito e suddiviso in 20 stanze completamente isolate” per pazienti affetti da malattie infettive, in caso di necessità.
“Piuttosto che considerarla come una singola stanza, quando si pensa alla massima flessibilità, si pensa a file di stanze", ha detto il dottor Holmes. "Vedere il problema attraverso quella lente consente di non dover trasferire pazienti moderatamente malati in unità di terapia intensiva più critica".
In sintesi, gran parte del cambiamento prossimo venturo nella progettazione degli ospedali ruota attorno alla capacità di far fronte al “picco” delle urgenze, che è il solo modo in cui gli operatori sanitari si adattano all'interno dei loro edifici quando il numero di pazienti malati aumenta notevolmente.
Quindi, per prepararsi al cambiamento, i progettisti stanno pensando a come le stanze tradizionali possano trasformarsi rapidamente in reparti di isolamento aggiornando o revisionando i loro sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell'aria. “Flessibilità”, dunque, questo è il la parola chiave del futuro degli ospedali. Almeno fino a che la pandemia non regredisce.