AGI - È possibile, grazie all'analisi genetica, prevedere la gravità di una particolare forma di leucemia. A scoprirlo un gruppo di ricercatori della Fondazione Tettamanti che hanno lavorato in collaborazione con l'Università di Milano Bicocca e altri centri clinici italiani che hanno realizzato uno studio esaminando retrospettivamente i dati di pazienti di centri dell'Associazione Italiana Emato-Oncologia Pediatrica (AIEOP). I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Blood.
I ricercatori sono riusciti a individuare due geni, chiamati NUTM1 e PAX5, che possono aiutare a prevedere la gravità di una particolare forma di leucemia linfoblastica acuta che insorge nei bambini con meno di un anno di età. Si tratta di un tumore del sangue che origina da un tipo particolare di globuli bianchi, i linfociti, ed è definita "acuta" perché caratterizzata da un'elevata aggressività. In questa patologia un linfocita B o T immaturo va incontro a una trasformazione tumorale: i processi di maturazione che portano al linfocita "adulto" si bloccano e la cellula comincia a riprodursi più velocemente invadendo il sangue e raggiungendo anche i linfonodi, la milza, il fegato e il sistema nervoso centrale.
La leucemia linfoblastica acuta è il tumore più frequente in età pediatrica, costituendo in questa fascia di eta' l'80% delle leucemie e circa il 25% di tutti i tumori diagnosticati tra 0 e 14 anni. La massima incidenza si registra tra i due e i cinque anni, per poi calare con l'aumentare dell'età.
"Aver individuato la presenza del gene PAX5 fuso con altri nei casi con prognosi più difficile - ha spiegato Giovanni Cazzaniga, responsabile dell'unità di ricerca 'Genetica della leucemia' della Fondazione Tettamanti e ricercatore di genetica medica all'Università di Milano Bicocca - ci indica una nuova strada terapeutica: esistono infatti nuovi farmaci sperimentali che agiscono proprio su di esso".
"Tra questi - ha aggiunto - in particolare, vi è un inibitore delle chinasi che ha già dimostrato il suo effetto antitumorale e antiangiogenico in numerose forme tumorali. Inoltre, abbiamo uno strumento in più che ci aiuta a capire quando utilizzare le terapie più avanzate, come ad esempio l'immunoterapia, impiegandole per i casi più difficili, cioè quelli in cui non è presente il gene NUTM1 fuso con altri. Questa scoperta ci dice inoltre quanto sia importante identificare e riconoscere diversi sottotipi genetici che permettono di modificare le terapie in funzione del diverso rischio di ricaduta di malattia, anche se si tratta ancora di un risultato di laboratorio e non di uno strumento disponibile nella pratica clinica".
La leucemia linfoblastica acuta può essere di tipo B o di tipo T a seconda del tipo di cellule del sistema immunitario che si ammalano. Una forma rara di leucemia linfoblastica acuta insorge nei bambini prima del compimento di un anno di vita. Questa forma è tradizionalmente suddivisa in due sottotipi, quello con un riarrangiamento del gene MLL (cioè il gene è 'rotto' e posizionato in un punto "errato" del cromosoma) e quello privo di tale alterazione ('MLL-germline').
Ad oggi i bambini con la forma MLL-germline sono tutti curati con la stessa terapia, non particolarmente intensiva. Lo studio si è concentrato su questa ultima forma poiché sino ad oggi le conoscenze dei meccanismi biologici e delle alterazioni genetiche alla base della malattia sono abbastanza approfondite nei pazienti più grandi ma praticamente assenti in questa fascia di età. Un ulteriore spunto per questa ricerca è stata la recente scoperta che il gene NUTM1 è presente in forma alterata in casi di questa malattia con prognosi particolarmente positiva.
Partendo da questa informazione, i ricercatori hanno voluto analizzare completamente il patrimonio genico delle cellule malate per scoprire se vi fossero altre situazioni di questo tipo. Sono stati quindi analizzati 30 casi seguiti in centri AIOEP tra il 2006 e il 2019. Dalle analisi genetiche è emerso che nella forma MLL-germline di leucemia linfoblastica acuta è frequente la presenza di geni fusi con altri, cioè l'unione accidentale del loro DNA che può verificarsi durante la loro traslocazione da un punto all'altro del genoma.
In 22 casi su 30 erano presenti fusioni di geni. Le fusioni del gene NUTM1 erano le più frequenti con 9 casi (30%) e avevano come partner di fusione i geni ACIN1 (5 casi), CUX1 (2), BRD9 (1) and ZNF618 (1). In questi casi si e' registrata una sopravvivenza libera da malattia a tre anni del 100%. Anche le fusioni del gene PAX5 erano ricorrenti con 6 casi (20%) e avevano come partner i geni DNAJA1 (3 casi), FBRSL1 (1), MBNL1 (1), GRHPR (1). In questi bambini invece la sopravvivenza libera da malattia a tre anni era solo del 25%.