(AGI) - Roma, 2 dic. - Capire la frequenza dell'attivita' eruttiva della caldera dei Campi Flegrei, attraverso un'analisi quantitativa della sua storia, ricorrendo a due modelli di probabilita' per valutare statisticamente il passato di questo sistema vulcanico e poter quindi fornire delle stime probabilistiche sul suo possibile comportamento futuro. E' quanto si prefigge lo studio, nato dalla collaborazione tra ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) - Sezioni di Pisa e Napoli-Osservatorio Vesuviano, Universita' di Pisa, Scuola Normale Superiore di Pisa e Universita' di Napoli Federico II, pubblicato sulla rivista Journal of Geophysical Research - Solid Earth, e incluso nei Research Spotlights della rivista EOS dell'American Geophysical Union. . "I Campi Flegrei - spiega Augusto Neri, direttore della Struttura Vulcani dell'Ingv - sono una caldera vulcanica attiva che include parte della citta' di Napoli. Il vulcano e' costituito da una grande depressione topografica del diametro di circa 12 km con una larga porzione della meta' meridionale che si estende nel Golfo di Pozzuoli. La parte emersa contiene numerosi crateri vulcanici, coni di tufo e scorie e duomi lavici. Negli ultimi 15.000 anni, l'intera caldera e' stata interessata da un vulcanismo intenso e prevalentemente esplosivo, con piu' di 70 eruzioni note. Queste eruzioni si sono concentrate nel tempo all'interno di tre epoche eruttive della durata di alcuni secoli o millenni, alternandosi a periodi di quiescenza durati millenni". Emerge - continua il ricercatore dell'Ingv - che spesso gli eventi eruttivi vicini nel tempo hanno formato dei gruppi o cluster di eventi ravvicinati anche geograficamente, prevalentemente lungo i bordi della caldera e nella sua zona centro-orientale. L'eruzione piu' recente e' quella di Monte Nuovo, avvenuta nel 1538 d.C. dopo oltre 3.000 anni di quiescenza. Essa "potrebbe rappresentare l'inizio di una nuova sequenza di eruzioni, anche se da quell'evento sono passati quasi 500 anni senza attivita'". Il primo modello di probabilita' descrive l'evoluzione temporale del tasso eruttivo del vulcano, considerando anche l'incertezza che influenza la conoscenza della sequenza eruttiva negli ultimi 15.000 anni. Questo modello mostra che in tutte e tre le epoche sono avvenuti cluster spazio-temporali di eruzioni, con un'attivita' maggiore (eruzioni piu' frequenti e volumi di magma piu' grandi) nel settore est della caldera rispetto al settore ovest, e che le due epoche piu' lunghe (ovvero la prima e la terza) hanno mostrato un tasso eruttivo piu' basso nella loro parte iniziale. Il secondo modello di probabilita' invece ha l'obiettivo di riprodurre la sequenza degli eventi eruttivi avvenuti nella caldera per studiarne la distribuzione spazio-temporale e fare previsioni sulla sua possibile attivita' futura. "La sequenza delle eruzioni e' modellizzata con un processo stocastico che comprende la possibilita' di avere eventi ravvicinati nello spazio e nel tempo nonche' di trattare dati caratterizzati da incertezza", aggiunge Andrea Bevilacqua, giovane ricercatore che ha sviluppato i modelli di probabilita' nell'ambito della propria tesi di perfezionamento presso la Scuola Normale Superiore di Pisa con una borsa finanziata dall'Ingv. (AGI)
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