Al 18 dicembre 2017 in Italia sono presenti 8.315 startup innovative. Impiegano circa 34mila persone tra fondatori (23mila) e dipendenti (11mila) e producono beni e servizi per 773milioni di euro, in media 164mila euro ciascuna.
Si tratta degli ultimi numeri dello Startup Act italiano, una legge nata per favorire la nascita e lo sviluppo di imprese innovative sul territorio nazionale. Nel presentare i numeri di 5 anni di leggi sulle startup, il direttore generale per la Politica industriale del ministero dello Sviluppo economico, Stefano Firpo, ha detto: "Siamo stati bravi a farne nascere 10mila, ma ora bisogna portarle sul mercato altrimenti queste realtà saranno costrette a rivolgersi a mercati più attivi". O scomparire.
La normativa italiana sulle startup ha cominciato a muovere i suoi primi passi ad ottobre 2012. Era ancora la sedicesima legislatura e fu uno degli ultimi atti dell'ex ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera. Il 4 ottobre 2021 compare per la prima volta nell'ordinamento italiano il concetto di 'startup innovativa' - di seguito 'startup' - all'interno del decreto legge Crescita 2.0. Sono gli sgoccioli del governo tecnico guidato da Mario Monti, ma questa normativa costituirà l'ossatura sulla quale si è sviluppata la legge italiana sulle startup, che entrerà pienamente in vigore e verrà ampliata nella legislatura successiva.
Queste società, si legge nel testo convertito in legge il 17 dicembre 2012, devono avere alcune caratteristiche, tra cui:
- avere meno di sessanta mesi,
- una produzione annua non superiore ai 5 milioni di euro,
- non devono distribuire utili,
- produrre e commercializzare prodotti o servizi ad alto valore tecnologico
- sostenere spese pari al 15% in ricerca e sviluppo.
Assolvendo questi obblighi, possono godere delle agevolazioni previste dalla normativa, tra cui l'esonero dai costi camerali, la dilazione dei termini per il ripianamento del capitale sociale in caso di perdita. la disapplicazione della fiscalità sulle società di comodo e in perdita sistematica, l'esonero dalla disciplina ordinaria del fallimento.
Il registro delle startup innovative prenderà forma dopo qualche mese. Con alcune modifiche, la struttura del registro prenderà forma il 28 giugno 2013. Al governo del Paese va intanto a Enrico Letta e il dicastero di Passera passa a Flavio Zanonato, che rimarrà in carica fino al 22 febbraio 2014.
Il 26 aprile 2013 il ministero dello Sviluppo economico dà alle startup innovative del registro accesso gratuito al fondo di garanzia, uno strumento di garanzia pubblica che lo Stato offre alle neo imprese per cercare risorse finanziarie, coprendo l'80% di ogni operazione fino a 2,5 milioni.
Il 23 ottobre invece un decreto interministeriale stabilisce che per le startup e gli incubatori certificati, per i quali è stato nel frattempo creato un registro ad hoc, è agevolata con un credito di imposta l'assunzione a tempo indeterminato di persone da impiegare nei settori di ricerca e sviluppo.
Il 30 gennaio 2014 vengono istituiti i primi incentivi fiscali per lo sviluppo degli investimenti in startup, con una detrazione dell'imposta Irpef lorda al 19% per l'investitore. Il 24 febbraio 2016 l'Italia si dota di un regolamento per l'equity crowdfunding, una delle prime nazioni al mondo a farlo, mentre il 28 ottobre 2016, con Carlo Calenda ministro e Matteo Renzi premier, viene data alle startup la possibilità di costituirsi online, senza bisogno della firma del notaio.
A giugno del 2015 nasce Invitalia Ventures, ramo di venture capital della controllata del ministero dell'Economia che in due anni raccoglie 80milioni per co-investimenti in startup insieme a investitori istituzionali. Gli incentivi per gli investimenti in equity hanno provato ad animare il panorama italiano: nel 2015 (l'ultimo dato disponibile) più di 82 milioni di euro sono stati coperti dall'incentivo. Una fetta notevole dei circa 100 milioni in ventura capital registrati quell'anno. 666 startup hanno ricevuto almeno un investimento da 2.703 investitori (+61,6%), per un beneficio fiscale complessivo di 11,6 milioni di euro.
Al netto del numero delle startup, cresciuto negli anni anche grazie a questa serie di incentivi voluti dal legislatore, quello che frena ancora lo sviluppo dell'ecosistema innovativo italiano è il mercato degli investimenti. Nulla è sembrato smuoverlo. Nel 2012 gli investimenti in startup sono stati 112 milioni, saliti di poco fino a sfiorare i 200 milioni lo scorso anno, ma frenare nell'anno in corso dove le prime previsioni parlano di 150 milioni investiti (dati Agi e Venture capital monitor).
Nello stesso periodo in Francia si è passati da 100milioni a 2,7 miliardi, in Germania a 2,5 miliardi, Svezia 1,6 miliardi, Spagna 1 miliardo (dati Dealroom.com).
Nell'ultima legge di bilancio della legislatura era stata avanzata l'ipotesi di destinare il 3% dei Pir (Piani individuali di risparmio) in fondi di venture capital. La norma, che avrebbe potuto contribuire ad aumentare gli investimenti italiani in startup, non è stata nemmeno discussa.