AGI - Dopo due anni di governo, prosegue il cammino delle riforme che, nell'intenzione dell'esecutivo, dovrebbero essere i tre pilastri della 'Terza Repubblica'. Un percorso animato da serrate polemiche e non senza rallentamenti, con l'autonomia differenziata, il premierato e la riforma della giustizia cui si stagliano davanti le forche caudine del referendum popolare.
Autonomia differenziata
L'unico dei provvedimenti perno di questa stagione del centrodestra a essere diventato legge è l'autonomia differenziata. Il 'ddl Calderoli' è stato approvato sia alla Camera sia al Senato. Il primo via libera, a Palazzo Madama, è arrivato il 23 gennaio, mentre l'ok definitivo di Montecitorio c’è stato il 19 giugno scorso. Il testo, in 11 articoli, definisce le intese tra lo Stato e le Regioni che chiedono l'autonomia differenziata nelle 23 materie previste. Ma già qui potrebbero allungarsi i tempi. Sì, perché quattordici di questi settori per cui si può chiedere l'autonomia dovranno essere definiti dai Lep (Livelli essenziali di Prestazione), criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. A tracciare la strada per la definizione dei Lep c’è una specifica commissione, presieduta dal costituzionalista Sabino Cassese. Il ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, il 7 ottobre scorso, intervenendo in Aula alla Camera, ha detto che questi criteri dovranno essere stabiliti entro marzo del 2026. Nel frattempo, prosegue il percorso del referendum, chiesto dal comitato promotore e da tutte le opposizioni, eccetto Azione. Il quorum delle 500 mila firme è stato raggiunto, ma si continueranno a raccogliere le sottoscrizioni fino a fine mese, poi la palla passerà alla Corte Costituzionale. La Consulta dovrà decidere, entro il 10 febbraio, sulla realizzazione della consultazione.
In caso di via libera, si andrà al voto tra aprile e giugno dell'anno prossimo. Parallelamente, ci sono i ricorsi di cinque regioni amministrate dal centrosinistra (Puglia, Campania, Emilia-Romagna, Toscana e Sardegna), che chiedono alla Corte di esprimersi sull’incostituzionalità della legge. I giudici dovranno pronunciarsi il prossimo 12 novembre.
Premierato
Più accidentato è il percorso del cosiddetto premierato, che prevede l'elezione diretta del presidente del Consiglio. La riforma è passata a Palazzo Madama il 18 giugno scorso e ora il testo è all'esame della commissione Affari costituzionali della Camera. Trattandosi di una riforma costituzionale, in questo caso le tempistiche sono più lente. Il provvedimento, infatti, dovrà essere approvato due volte da entrambi i rami del Parlamento dopo tre mesi dal primo via libera di ciascuna delle due camere. Per evitare il referendum, in seconda deliberazione, il centrodestra dovrà raggiungere una maggioranza dei due terzi dei componenti di Camera e Senato. Obiettivo difficile da raggiungere, senza emendamenti che modifichino il testo del 'ddl Casellati' in grado di allargare il perimetro del consenso tra deputati e senatori. Anche in questo caso, dunque, a iter parlamentare terminato, è più che concreta l'ipotesi di un referendum. Consultazione che potrebbe celebrarsi nel 2026.
Separazione delle carriere
Il terzo pilastro della 'Terza Repubblica' è rappresentato dalla riforma della giustizia, che ha il suo punto fondamentale nella separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti. Il 'ddl Nordio' non è ancora stato approvato definitivamente da nessuna delle due Camere, ma ha subìto un'accelerazione il 10 ottobre scorso. In quel giorno il provvedimento è stato adottato come testo base - con il termine per gli emendamenti fissato a dopodomani - dalla commissione Affari Costituzionali della Camera. In pressing c'e' Forza Italia che, con il capogruppo a Montecitorio, Paolo Barelli, ha chiesto che il ddl arrivi in Aula entro novembre, con il si' definitivo entro Natale. Anche in questo caso, trattandosi di una riforma costituzionale, il percorso è articolato in due deliberazioni a distanza di tre mesi. Per aggirare il referendum, c’è bisogno di una maggioranza di due terzi in seconda lettura. A differenza del premierato, il centrodestra punta, però, a un'ampia condivisione parlamentare, anche se numeri alla mano, sembra difficile evitare il terzo referendum.