AGI - La segretaria dem si affida alle geometrie variabili per superare i 'nodi' sul tavolo della coalizione progressista. "Sono testardamente unitaria, le alleanze si costruiscono lavorando insieme sui temi", dice, "più tra le persone che nelle stanze della politica". Una strategia che ha portato fortuna al centrosinistra in Sardegna, con la vittoria di Alessandra Todde.
Meno altrove dove, come in Basilicata o in Piemonte, dove ai sold-out delle piazze non è seguita l'unità delle forze in campo. Dovrebbe andare meglio in Liguria, Umbria ed Emilia-Romagna, regioni chiamate al voto in autunno e a stretto giro l'una dall'altra. Le coalizioni sono bell'e pronte e vedono marciare compatte il 'campo largo' che va da Fratoianni a Renzi, passando per il M5s. Che la strategia della segretaria funzioni anche a livello nazionale, però, è da dimostrare. I temi che segnano le distanze tra i vari partiti del centrosinistra sono tutti sul tavolo e, anzi, sembrano aggiungersene di nuovi. Il 26 settembre le Camere sono chiamate a eleggere i quattro membri del Cda Rai. Subito dopo il governo indicherà i nomi per l'Ad e il presidente. Nel passaggio successivo il centrodestra cercherà i voti per arrivare alla fumata bianca per quest'ultimo in Commissione di Vigilanza. Ed è qui che potrebbero manifestarsi nuove crepe nell'opposizione, che ha firmato un documento in cui si dice "indisponibili a rinnovare il cda Rai in assenza della riforma della governance".
Una posizione ribadita da Schlein che si è detta indisponibile "a nomine, lottizzazioni prima di aver proceduto alla riforma". Tuttavia, come spiegato da Conte, "se per la Rai ci fosse un presidente autorevole, assolutamente non riconducibile a logiche partitiche, nell'interesse del servizio pubblico certamente lo voteremmo. Ma non mi sembra che siano i nomi di cui si parla".
I pontieri dei partiti sono al lavoro per trovare una posizione comune che, tuttavia, sembra al momento ancora lontana. Un tema che sembrava poter diventare un minimo comune denominatore delle opposizioni è quello della legge sulla cittadinanza, con tutti i partiti concordi sulla necessità di superare la Bossi-Fini. Ma Riccardo Magi striglia gli altri leader sul referendum che ha lanciato assieme a una vasta costellazione di associazioni civiche e sindacati. Le firme hanno superato oggi quota trecentomila nonostante alcuni problemi alla piattaforma messa a disposizione dal governo.
Il leader di Più Europa non può che dirsi soddisfatto, ma richiama Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni, Giuseppe Conte e Carlo Calenda: "Manca una settimana al termine della raccolta firma per il Referendum Cittadinanza e, a parte il Partito Democratico, nessuno dei partiti d'opposizione presenti in Parlamento ha ancora pubblicamente preso posizione e mobilitato i propri elettori a firmare. Da Meloni, Tajani, Salvini e Vannacci potevamo aspettarcelo. Dal fronte progressista no".
I Cinque Stelle hanno già depositato un testo, la pdl Baldino, che punta allo Ius Scholae, da sempre battaglia del movimento, e sul quale anche Avs si è detta pronta a convergere, sebbene la prima scelta di Fratoianni e Bonelli rimanga quella dello Ius Soli. Magi dimentica, però, Matteo Renzi che sul suo sito annuncia di aver firmato e invita iscritti e sostenitori di Italia Viva a fare lo stesso. "È una corsa contro il tempo" dice Renzi, "perché nelle ultime ore si sono superate le trecentomila firme: in una settimana dobbiamo arrivare a mezzo milione. Mi farebbe piacere che il popolo delle Enews desse un aiuto a raggiungere l'obiettivo. Io firmerò online".
Poco dopo firmano anche Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Una prova ulteriore del fatto è che il cantiere del campo largo a livello nazionale è ancora tutto da costruire e destinato a risentire delle prese di posizione dei singoli partiti. I mattoni ci sono, come ripetono dai Cinque Stelle, sono quelli del salario minimo, del referendum contro l'Autonomia differenziata, del sostegno alla sanità e alla scuola pubbliche.
Ma a fronte di tanti mattoni che si sono già recuperati, ce ne sono tanti altri che mancano. E si tratta, in alcuni casi, di pietre angolari. È il caso della politica estera e della posizione sulla guerra in Ucraina. Il voto della scorsa settimana sulla risoluzione Ue ha fotografato lo stato dell'arte, con Avs e M5s contrari a nuovi invii di armi a Kiev e il Partito Democratico che, invece, è a favore (seppure con qualche defezione). E come i potenziali alleati, anche Italia Viva, Più Europa e Azione rimangono schierati sul sostegno totale all'Ucraina, aggiungendo anche che si dovrebbe consentire l'uso delle armi anche per colpire postazioni di Mosca su territorio russo. Un quadro frastagliato che fa dire a Giuseppe Conte, presente insieme a Nicola Fratoianni alla marcia della Pace di Assisi, "noi siamo coerentemente pacifisti, altri no".
Schlein minimizza le divisioni e, anzi, invita a guardare a cio' che unisce il fronte anche sulla politica estera. Non ai confini est dell'Europa, ma al Medio Oriente, con quanto avviene a Gaza: "Se rimangono divisioni, come sull'Ucraina, siamo invece compatti nel chiedere il cessate il fuoco a Gaza e il riconoscimento della Palestina. E lo siamo sulla necessita' di uno sforzo diplomatico per la conclusione dei conflitti in corso".