AGI - Un silenzio rumoroso. Di più: "Complice". Passano le ore ma lo scontro innescato dalle parole del leghista Claudio Borghi nei confronti del presidente della Repubblica, il fuoco di sbarramento delle opposizioni a difesa del Colle non si spegne e, anzi, è alimentato dalla richiesta a Giorgia Meloni di prendere le distanze dal partito del suo vicepremier. Matteo Salvini sottolinea che non c'è "nessuna polemica col presidente Mattarella, il presidente ha il rispetto mio e della Lega". Per Pd, M5s e per il resto delle opposizioni il caso però non è chiuso. "La Presidente del Consiglio Meloni continua a rimanere colpevolmente in silenzio di fronte all'attacco del leader della Lega Salvini contro il Presidente Mattarella", viene sottolineato dal M5s. Sul silenzio di Meloni la leader del Pd riaccende il duello a distanza con la premier. Domenica, la segretaria del Pd ha risposto da piazza Testaccio utilizzando la metafora del jukebox a una premier che, qualche ora prima da piazza del Popolo, la incalzava perché prendesse le distanze da Nicolas Schmit. Il candidato del Pse alla presidenza della Commissione aveva, infatti, definito i Conservatori europei, di cui Meloni è presidente, un rischio per la democrazia. La palla nel campo di Schlein, tuttavia, l'ha spedita proprio la Lega - partito di governo - che con Claudio Borghi ha chiesto al presidente della Repubblica di dimettersi. "È gravissimo l'attacco che ieri è arrivato dalla Lega al Presidente della Repubblica, nel giorno della Festa della Repubblica. Ma credo che sia ancora più grave che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a distanza di 24 ore, non abbia nemmeno trovato il tempo per prendere le distanze da questo attacco frontale al presidente Mattarella", dice Schlein a margine di un evento elettorale, il numero 111 dall'inizio della campagna, a Tivoli.
Con la segretaria si mobilitano anche i dem. Per Alessandro Zan quello di Meloni è un "silenzio-assenso" che riconduce al progetto di riforma costituzionale caro alla premier. "Borghi, Salvini, Vannacci. Da due giorni la Lega attacca il presidente Mattarella. Non una parola di Meloni: è un silenzio-assenso, una via libera della destra a una campagna contro il presidente della Repubblica. Che sfocia nel premierato, per annullarne ruolo e prerogative", spiega Zan. Di un filo rosso fra l'attacco della Lega al Capo dello Stato e la riforma del premierato parla anche Nicola Fratoianni: "Queste parole annunciano la stagione che abbiamo di fronte nella testa di alcune forze politiche: di chi pensa di cambiare la costituzione col premierato, di indebolire il ruolo del presidente della repubblica, di ridurre ancor di più l'intensità e la qualità della democrazia del paese". Il presidente del M5s, Giuseppe Conte, parla di attacco "indegno, scomposto e sconclusionato. Quando si parla del Presidente della Repubblica si abbia riguardo".
Il pressing, tuttavia, no si ferma all'asse Pd-M5s-Avs, ma si allarga anche al centro. Come Zan, anche l'esponente di Più Europa, Benedetto Della Vedova, sottolinea che "siamo di fronte a un degrado istituzionale che, con il silenzio, Meloni fa proprio". E il capogruppo di Italia Viva al Senato, Enrico Borghi, avverte: "Il tempo delle ambiguità, degli slogan, dei nascondimenti per Giorgia Meloni è finito", come dice Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva al Senato, ricordando la richiesta di impeachment che Meloni avanzò nel 2018 nei confronti dello stesso Mattarella accusato di aver posto un veto sul nome di Paolo Savona al ministero dell'Economia.