AGI - "Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente all’erta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo. Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane. Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se la pubblica verità avesse ricacciato indietro i criminali. Ragazzi stroncati da overdose di droga che non sarebbe mai arrivata nelle loro mani se la pubblica verità avesse denunciato l’infame mercato, ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verità avesse reso più tempestivo il loro ricovero. Un giornalista incapace – per vigliaccheria o calcolo – della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento! (...) La verità! Dove c’è verità, si può realizzare giustizia e difendere la libertà!". Lo scriveva il giornalista Pippo Fava in un suo editoriale dal titolo "Lo spirito di un giornale", l'ultimo da direttore della Gazzetta del Sud nel 1981. Il giorno dopo Pippo Fava viene licenziato e da lì nascerà l'esperienza dei "Siciliani".
Queste poche frasi sono considerate il testamento morale del giornalista ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984 a Catania. Freddato in auto mentre si stava recando alla recita di danza della nipote. Oggi a distanza di 40 anni, sono molte le autorità e gli esponenti politici che ne hanno voluto ricordare l'impegno e il sacrificio.
Sergio Mattarella, ha fatto del giornalismo uno strumento di libertà
"Sono trascorsi quarant'anni dal vile assassinio per mano mafiosa di Giuseppe Fava, giornalista che ha messo la sua passione civile al servizio della gente e della Sicilia, impegnato nella battaglia per liberarla dal giogo della criminalità e dalla rete di collusioni che consente di perpetuarlo". Così lo ricorda il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
"La mafia lo uccise per le sue denunce, per la capacità di scuotere le coscienze, come fece con tanti che, con coraggio, si ribellarono al dominio della violenza e della sopraffazione e dei quali è doveroso fare memoria", sottolinea il capo dello Stato.
"Fava ha fatto del giornalismo uno strumento di irrinunciabile libertà - aggiunge -. L'indipendenza dell'informazione e la salvaguardia del suo pluralismo sono condizione e strumento della libertà di tutti, pietra angolare di una società sana e di una democrazia viva. Un impegno e un sacrificio a cui la Repubblica rende omaggio".
La Russa, esempio per le future generazioni
"Un esempio di difesa e custodia della legalità per le future generazioni. Il rinnovato sentimento di vicinanza mio personale e del Senato della Repubblica ai suoi familiari". Così il presidente del Senato Ignazio La Russa.
L. Fontana, dovere tramandarne la memoria
"È dovere delle Istituzioni tramandarne e custodirne la memoria a beneficio, in particolare, della giovani generazioni. Il suo coraggio e la sua determinazione nella denuncia delle attività criminali di stampo mafioso rappresentano un monito a mantenere salda la consapevolezza sull'inderogabilità di questo impegno, che deve tradursi tutti i giorni e in ogni sede nella difesa e nella promozione del valore della legalità quale pilastro fondamentale della democrazia e della libertà del nostro Paese". Lo dichiara il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana.
Piantedosi, suo esempio è ancora un monito
"Il 5 gennaio del 1984 Giuseppe Fava pagò con la vita la sua coraggiosa battaglia contro la mafia. Giornalista acuto e strenuo difensore della libertà di informazione, 'Pippò Fava seppe rivelare le trame della criminalità organizzata sul territorio e i suoi tentativi di condizionamento del tessuto sociale ed economico. Il suo impegno civile rappresenta ancora oggi un importante esempio e al contempo un monito, in particolare per le nuove generazioni, a non abbassare mai la guardia nella lotta contro le organizzazioni criminali". Lo dichiara il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi.
Nordio, Sicilani tra pietre miliari dell'antimafia
"La vita e l'impegno di Pippo Fava insegnano che contro la mafia ognuno, nel proprio ruolo, è chiamato a fare la sua parte. Nel suo lavoro di giornalista - bruscamente interrotto dalla sua uccisione, il 5 gennaio di quarant'anni fa - puntava a svelare le trame occulte dei clan, che raccolse nella rivista d'inchiesta I Siciliani, tra le pietre miliari del movimento antimafia. Nonostante la mafia di allora sia diversa da quella attuale, la testimonianza di Fava è un'occasione per ricordare quanto, oggi come 40 anni fa, sia prezioso il lavoro della stampa d'inchiesta". Così il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in occasione dell'anniversario della morte del giornalista.
Chiara Colosimo, suo lavoro fondamentale per scuotere coscienze
"Oggi ricorre il 40esimo anniversario dell'omicidio del giornalista Giuseppe Fava. Venne assassinato il 5 gennaio del 1984 dalla mafia, per il suo impegno e le sue battaglie volte a liberare la Sicilia dall'oppressione della criminalità organizzata. Fondatore del mensile I Siciliani, riuscì a svelare con le sue inchieste, oscure collusioni denunciando sempre con coraggio il malaffare". Così sui social il presidente della Commissione antimafia, Chiara Colosimo.
"Ha pagato con la vita il suo impegno al servizio dell'opinione pubblica e della giustizia. Il suo lavoro e' stato fondamentale per scuotere le coscienze e ribellarsi alla violenza e alla sopraffazione mafiosa - ha aggiunto - il lavoro svolto da giornalisti come Pippo Fava rimane uno strumento di irrinunciabile libertà, e ancora oggi e' fondamentale per mantenere sempre alta l'attenzione sui fenomeni criminali".