Meloni: "La battaglia contro la mafia si può vincere. Lo Stato c'è"
AGI - a premier Giorgia Meloni ha lasciato intorno alle 9.30 una Caserma Lungaro blindata, a Palermo, dove si è recata per l'omaggio, presso il Reparto Scorte, alle vittime della strage di via D'Amelio, presenti anche il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi e il capo della polizia Vittorio Pisani.
Da qui uscirono gli equipaggi di scorta al giudice Paolo Borsellino quel 19 luglio 1992: a perdere la vita oltre al giudice gli agenti di scorta della polizia di stato Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Presenti, oltre alle autorità locali, e alcuni familiari delle vittime, anche il procuratore generale di Palermo Lia Sava, il presidente della corte di appello Matteo Frasca, il sindaco Roberto Lagalla. Poi si è recata nei luoghi in cui sono sepolti i giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, al cimitero di Santa Maria di Gesù e nella chiesa di San Domenico. A seguire riunione in prefettura del Comitato per l'ordine e la sicurezza.
Giorgia Meloni ha ribadito, rendendo omaggio ai luoghi di Falcone e Borsellino, che "la battaglia contro la mafia si può vincere" perché "lo Stato c'è". La leader di Fratelli d'Italia ha poi spiegato come "le polemiche fanno bene a chi combattiamo" e che "solo i mafiosi possono contestarmi". Alla fine, ricorda, "contano i fatti e non le opinioni".
L'intervista al Corriere
In una lettera al Corriere della Sera il premier rinnova il proprio "impegno personale, e quello di tutto il Governo, contro le mafie" e spiega che presiederà
"il Comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza per fare il punto sul lavoro svolto sull'attività di contrasto alle criminalità organizzata che le istituzioni, a ogni livello, stanno portando avanti".
"Non posso che essere profondamente orgogliosa del fatto che il governo che oggi presiedo abbia avuto, dal suo primo giorno, la determinazione e il coraggio necessario ad affrontare il cancro mafioso a testa alta"
"Sono i fatti a dimostrarlo", spiega il premier. Abbiamo messo in sicurezza presidi fondamentali come la restrizione dei benefici penitenziari, e se oggi boss mafiosi del calibro di Matteo Messina Denaro sono detenuti in regime di 41 bis lo si deve esattamente a questo impegno".
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"Abbiamo sbloccato le assunzioni nelle forze dell'ordine" continua la lettera, "ci siamo schierati al fianco dei magistrati e di chi ogni sul territorio conduce la battaglia contro la mafia, stiamo lavorando a un provvedimento che dia un'interpretazione autentica di cosa si debba intendere per 'reati di criminalità organizzata' e che scongiuri il rischio che gravi reati rimangano impuniti per effetto di una recente sentenza della Corte di Cassazione"
"C'è ancora molto da fare" conclude il Presidente del Consiglio, "ma il nostro impegno non si esaurirà mai. Semplicemente perché la lotta alla mafia è parte di noi, è un pezzo fondante della nostra identità, è la questione morale che orienta la nostra azione quotidiana. Lo dobbiamo a Paolo Borsellino, e a tutti coloro che hanno sacrificato la vita per la giustizia e hanno reso onore all'Italia".