AGI - Poco più di un mese. Precisamente 34 giorni effettivi di lavoro, considerando anche il venerdì, giornata solitamente caratterizzata dal 'deserto' nei due rami del Parlamento. Giorni che potrebbero salire a 39 qualora Camera e Senato (e governo) dovessero aver bisogno di un po' più di tempo e, quindi, decidere di rinviare il 'liberi tutti' estivo a ridosso di ferragosto.
Dunque, con di fronte poco più di un mese di giornate lavorative, le Camere saranno chiamate a un tour de force per approvare i provvedimenti in calendario - a partire dai decreti (sei o sette in tutto) che hanno la priorità - prima della pausa estiva.
Non è una novità: da tempo immemore ormai nei due rami del Parlamento l'attività accelera nelle ultime settimane in vista dell'estate, per chiudere tutti i dossier in scadenza. La novità è invece la decisione del governo di serrare i ranghi: un 'richiamo' a tutta la squadra, dai sottosegretari ai viceministri fino ai ministri, ai quali viene chiesto l'impegno a essere sempre presenti in commissione e in Aula, nessuna seduta - soprattutto delle commissioni, dove viene svolto il 'grosso' del lavoro sui provvedimenti - deve saltare o essere rinviata a causa dell'assenza del governo.
Non solo. La 'stretta' riguarda anche l'attività emendativa, con un raccordo di ogni iniziativa a livello di vertice. Insomma, il tempo è poco, le cose da fare tante e, quindi, ogni componente del governo deve fare la sua parte.
Tra le priorità dell'esecutivo, infatti, non ci sono solo i decreti da convertire, ma anche alcuni provvedimenti per così dire ordinari, a partire dalla riforma fiscale, all'esame della commissione Finanze della Camera che, spiegano fonti di maggioranza, si vorrebbe portare in Aula per il primo via libera prima della pausa estiva, ma il tempo stringe.
L'invito a serrare le fila, rivolto all'intera compagine di governo, arriva da Massimiliano Lucà, capo di gabinetto del ministro per i rapporti con il Parlamento, destinatari i suoi omologhi in ogni ministero. E anticipa una lettera dai contenuti analoghi che sarà inviata dallo stesso ministro Luca Ciriani ai suoi colleghi di governo.
I contenuti sono chiarissimi: viene evidenziata da una parte la "necessità di garantire da parte dei rappresentanti del governo un'assidua e costante presenza nelle Commissioni e nelle Aule parlamentari e, dall'altro", si interviene sulle "modalità e i tempi di presentazione delle proposte emendative governative".
L'iniziativa del ministro Ciriani, viene spiegato, era in preparazione da giorni e sotto stretto raccordo con palazzo Chigi. Innanzitutto, si chiede a sottosegretari, viceministri e ministri "di fornire al Gabinetto e al Dipartimento per i rapporti con il Parlamento un prospetto settimanale il più completo possibile circa la presenza dei rappresentanti del Governo nelle Commissioni e nelle Aule parlamentari in relazione alla discussione dei provvedimenti, degli atti di indirizzo e di sindacato ispettivo di rispettiva competenza. Tale prospetto settimanale è da ritenersi vincolante e suscettibile di variazioni solo in casi di assoluta necessità. Sarà inviato al presidente del Consiglio, su sua richiesta, un rapporto mensile in materia".
In secondo luogo, Ciriani chiede ai suoi colleghi un più stretto raccordo sugli emendamenti. Tema al centro di un aspro confronto con le opposizioni in Parlamento, dove le forze di minoranza hanno più volte lamentato il ritardo con cui il governo presenta i propri pacchetti di modifiche, a volte cambiandone i testi in corso d'opera. Ebbene, nella lettera si legge: "È intenzione del ministro individuare di volta in volta un termine ultimo per la presentazione" delle proposte emendative, "compatibile con l'ordinato svolgimento dei lavori parlamentari. Resta inteso che l'autorizzazione alla presentazione di emendamenti del governo da parte del ministro è subordinata" anche "alle valutazioni politiche e procedurali di competenza, anche sotto il profilo dell'ammissibilità".
Le leggi da approvare
"Le proposte emendative veicolate tramite i gruppi parlamentari e i relatori devono essere comunque trasmesse al ministro", è l'indicazione. La 'stretta' arriva a ridosso di settimane impegnative: la prossima settimana Camera e Senato saranno chiamate a votare due fiducie. Il governo, si apprende infatti, sarebbe intenzionato a porre la fiducia a Montecitorio sul decreto cosiddetto Omnibus (che tra le altre norme contiene anche il commissariamento di Inps e Inail, così come lo stanziamento di 600 milioni per il caro affitti e le norme sulle quote rosa negli appalti pubblici, legate alla terza tranche del Pnrr), che approda in Aula martedì ed è in prima lettura, va convertito entro il 9 luglio.
A palazzo Madama c'è il decreto Pubblica amministrazione (già approvato dalla Camera e da approvare entro il 21 giugno), che contiene la criticata norma che esclude la Corte dei Conti dal controllo concomitante sul Pnrr. Sempre al Senato c'è il decreto Lavoro, varato dal Cdm del 1 maggio (atteso in Aula alla Camera venerdì prossimo per la discussione generale e da convertire entro il 1 luglio), ma sul quale al momento non si ipotizza la fiducia.
Da esaminare in tempi celeri e poi convertire in legge anche il cosiddetto decreto 'salva-infrazioni Ue' e il neo decreto Pa bis, approvato nell'ultima seduta del Cdm. Quanto agli altri provvedimenti 'ordinari', era nelle intenzioni del governo dare il primo via libera prima dell'estate alla delega fiscale e all'autonomia differenziata (almeno questa la tempistica del ddl Calderoli nei desiderata della Lega).
C'è poi la proposta di legge targata FdI (che ricalca un medesimo testo presentato da Giorgia Meloni) sulla maternità surrogata reato universale (in Aula della Camera dalla prossima settimana), contro la quale le opposizioni hanno preannunciato battaglia.
Non dovrebbe invece farcela ad andare in Aula prima dell'estate la pdl delle opposizioni sul salario minimo, mentre le minoranze hanno ottenuto in extremis che entro giugno si discuta la ratifica del Mes (tema 'spinoso' per la maggioranza).
E prima delle ferie estive dovrebbe arrivare (ma l'iter parlamentare verrebbe rinviato a settembre) la proposta a cui sta lavorando la ministra Casellati sulla riforma costituzionale che mira a introdurre il premierato.