AGI - A distanza di oltre dieci giorni dal secondo turno delle elezioni amministrative, che hanno restituito un esito inequivocabile (la vittoria del centrodestra), è legittimo chiedersi se dai sondaggi sulle intenzioni di voto siano emersi degli spostamenti, quali che siano. La risposta, lo diciamo subito, è negativa.
La Supermedia del 9 giugno 2023, mostra pochissime variazioni rispetto a quella del 25 maggio, prima che i ballottaggi mandassero un segnale estremamente positivo alla premier Giorgia Meloni e alla maggioranza di centrodestra.
L’unica eccezione a questa sorprendente stabilità è rappresentata dal calo piuttosto marcato (-0,5%) di Azione. È possibile che il partito di Carlo Calenda stia soffrendo “a scoppio ritardato” le conseguenze del clamoroso divorzio da Italia Viva consumatosi appena un mese e mezzo fa.
Come che sia, non sembra che il partito di Matteo Renzi abbia beneficiato di questo calo, cosa che invece potrebbe aver fatto +Europa (che sale al 2,3%), ultimamente molto attiva nel contrapporsi al governo sul tema dei diritti civili.
Ma i veri protagonisti della recente tornata di amministrative – visto il protagonismo dei candidati sindaco e la capillare presenza di liste civiche – non sono stati tanto i partiti, quanto le coalizioni. È a livello di coalizione, infatti, che si è potuto stabilire chi fosse uscito vincitore e chi sconfitto dal bilancio dei comuni vinti. Ma anche qui, se si allarga lo sguardo al consenso delle coalizioni, si nota il perdurare della grande stabilità che vediamo in atto ormai da mesi, con il centrodestra che conserva 20 punti abbondanti di vantaggio sul centrosinistra (46,1% contro 25,8%).
I dati ci confermano, ancora una volta, che non è dalle opposizioni che il governo deve temere un’eventuale erosione dei consensi. Ma alcune vicende recenti indicano come la maggioranza di centrodestra corra seriamente il rischio di deludere le aspettative degli italiani.
L’ultimo episodio riguarda i controlli concomitanti sulle spese legate al PNRR, che l’esecutivo ha sottratto alla Corte dei conti scatenando un dibattito tra i giuristi nonché la condanna (con toni allarmistici) di PD e M5S. La vicenda, che in verità non sembra aver turbato più di tanto i rapporti tra l’Italia e la Commissione europea, si lega alla questione più generale della gestione del PNRR. Una questione parecchio spinosa, se si considera che il governo ha mostrato finora una linea d’azione tutt’altro che univoca ed è apparso in grave ritardo sulle scadenze concordate con l’UE.
Ma anche perché come emerge dall’ultimo sondaggio Quorum/YouTrend per Sky TG24, gli italiani sono in maggioranza dalla parte dell’Europa quando si parla di controlli sulle spese dei fondi PNRR: la pensa così il 56%, contro un 34% che invece ritiene sostanzialmente che l’UE non debba avere troppe pretese in merito. Qui il dato significativo è che anche all’interno dell’elettorato sovranista per eccellenza, cioè quello di Fratelli d’Italia, si registra un grande equilibrio tra le due diverse posizioni.
Del resto, come mostra anche l’ultimo sondaggio Euromedia pubblicato su La Stampa, gli italiani che continuano a definire il PNRR un’opportunità sono ancora nettamente maggioritari rispetto a quelli che lo ritengono piuttosto che una “medicina amara” in quanto nuovo debito (54,8% contro 30,2%), un rapporto di forze che peraltro si riscontra quasi identico negli elettorati sia di FDI che di Forza Italia: la Lega è l’unico partito la cui quota di elettori che definiscono il PNRR un’opportunità è inferiore al 50%.
Di conseguenza, non sorprende che vi siano aspettative molto elevate in relazione alla capacità del governo italiano di gestire questi soldi. Secondo il 62% degli italiani intervistati da Ipsos, sarebbe grave se il nostro Paese perdesse una quota importante dei finanziamenti europeo in gioco. Solo il 26% pensa invece che non lo sia (o che non lo sarebbe).
Da questi dati emerge un quadro complessivo che ritrae un atteggiamento degli italiani decisamente meno severo dell’Europa unita e delle sue istituzioni rispetto a quanto visto in passato. È molto probabile che questa rinnovata fiducia si debba proprio alla reazione che l’UE ha adottato in risposta alla pandemia: i dati di SWG ci dicono che tre anni fa, in pieno lockdown, la fiducia degli italiani verso la Commissione europea era precipitata al 24%, mentre oggi è risalita al 44% – un dato più alto di quello di molti leader politici nazionali.
La stessa presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, risulta particolarmente ben vista nel nostro Paese: l’indagine condotta in diversi paesi europei mostra un apprezzamento medio da parte degli italiani che è sì inferiore (di poco) a quello di polacchi, belgi e spagnoli, ma che è comunque nettamente superiore a quello registrato in Francia, Germania, Grecia e Austria.
È certamente possibile che la recente visita di von der Leyen nelle zone alluvionate dell’Emilia-Romagna abbia contribuito a questa valutazione positiva. Ma se questa per l’UE potrebbe essere una buona notizia, potrebbe rappresentare invece un’insidia per il governo italiano, che avrebbe ben pochi margini se volesse provare a individuare nell’Europa una controparte a cui addebitare eventuali insuccessi o anche solo ritardi nella gestione dei (cospicui) fondi europei del PNRR.
NOTA: La Supermedia YouTrend/Agi è una media ponderata dei sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto. La ponderazione odierna, che include sondaggi realizzati dal 24 maggio al 7 giugno, è stata effettuata il giorno 8 giugno sulla base della consistenza campionaria, della data di realizzazione e del metodo di raccolta dei dati.
I sondaggi considerati sono stati realizzati dagli istituti EMG (data di pubblicazione: 29 maggio), Euromedia (8 giugno), Piepoli (6 giugno), Quorum (5 giugno), SWG (29 maggio e 5 giugno) e Tecnè (28 maggio e 3 giugno).
La nota metodologica dettagliata di ciascun sondaggio considerato è disponibile sul sito ufficiale www.sondaggipoliticoelettorali.it.