AGI - Di vite ne ha ben più di un gatto Cateno De Luca, detto 'Scateno'. Almeno 18, o forse di più, tante quanti i procedimenti giudiziari cui è stato sottoposto. Il conteggio l'ha fatto lui stesso quando, a un certo punto, era il 10 gennaio 2020, era stato assolto dall'accusa di una maxi evasione fiscale. "E che fa, non devo essere arrabbiato?", sbottò allora. Il neo sindaco di Taormina - dopo esserlo stato a Fiumedinisi, Santa Teresa Riva e Messina - eletto a furor di popolo in questa tornata elettorale con oltre il 63%, di fasce tricolori e scranni da deputato regionale ne ha conquistati a iosa. E questo nonostante l'attitudine a essere poco integrato e molto apocalittico; e nonostante il clamoroso arresto dell'8 novembre 2017 per quella brutta storia di evasione, appena due giorni dopo l'elezione a deputato regionale.
Una macchina dei consensi
Sebbene ai domiciliari, in vestaglia da camera e scarmigliato, con il caffè in mano, in diretta Facebook, De Luca lanciava i suoi strali: "Sapevo già che mi avrebbero arrestato... certi ambienti mi avevano avvertito. E oggi più di ieri vi dico che anche questo procedimento finirà come gli altri: archiviati o con sentenza di assoluzione".
"Libero", gridò attraverso la telecamerina quando il 20 novembre revocarono la misura cautelare, "e ora denuncio tutti". Dieci giorni prima era stato assolto dall'accusa di concussione e falso che gli costò pure, l'8 giugno 2011, l'arresto eseguito a conclusione del Consiglio comunale di Fiumedinisi. Passeranno solo sette mesi e conquisterà, nel ballottaggio del giugno 2018, col 65%, la poltrona più alta della città dello Stretto, confermandosi una autentica macchina dei consensi.
Il duello con Lamorgese
Impossibile, a quanto pare, abbatterlo, contenerlo, affibbiargli una etichetta politica, ingabbiarlo in alleanze, inchiodarlo ad accordi, ben che meno a formule di bon ton istituzionale. Ha litigato con colleghi sindaci, presidenti della Regione, ministri della Repubblica. Con Luciana Lamorgese, in tempi di Covid, quando minacciava di bloccare sullo Stretto le navi cariche di passeggeri per impedire che approdassero a Messina, iniziò un duello durissimo. La indicò come tra le principali 'emissarie' delle 'Lupare di Stato' armate a Roma contro di lui, come disse dopo l'ennesima diretta social organizzata per rispondere al Consiglio dei ministri che aveva annullato nell'aprile 2020 l'ordinanza che imponeva a chiunque intendesse fare ingresso in Sicilia, attraverso il porto di Messina, l'obbligo di registrarsi al portale comunale almeno 48 ore prima della partenza. Tanto tuonò, 'Scateno' De Luca, che nel giugno 2021 gli fu inflitta una multa da 1.500 euro per vilipendio dopo la denuncia della ministra dell'Interno.
Nel 2022 il quattro volte onorevole dell'Ars si dimise con il sogno ricorrente - solo contro tutti - di fare il governatore. Niente da fare, neppure questa volta, ma i suoi movimenti meridionalisti Sud Chiama Nord e Sicilia vera si piazzarono con mezzo milione di voti alle spalle della corazzata di Renato Schifani e davanti alla candidata del centrosinistra Caterina Chinnici, entrando a Sala D'Ercole con otto deputati, e inviando a Roma due parlamentari in occasione delle contestuali Politiche. Molto meglio di quando ci provò dieci anni prima con la sua Rivoluzione siciliana.
Spogliarelli e zampogne all'Assemblea regionale
Insomma, solo una volta Cateno De Luca è rimasto in mutande, letteralmente. Era il 5 dicembre 2007. Lo aveva promesso ed era passato alle vie di fatto, tra lo stupore e lo sconcerto dei colleghi dell'Assemblea regionale siciliana e dei giornalisti convocati nella sala stampa del Parlamento regionale. Obiettivo dell'allora deputato dell'Mpa poi passato sotto le insegne della Dc per le Autonomie, era protestare clamorosamente, come nessuno aveva mai osato fare nel palazzo reale della politica siciliana, contro la sua estromissione dalla Commissione Bilancio per motivi regolamentari.
Al termine dell'inaudito spogliarello era rimasto con addosso solo la bandiera gialla e rossa della Trinacria siciliana legata alla vita. De Luca parlò di "sopruso da parte del presidente dell'Ars Gianfranco Miccichè cui consegnò tre doni "natalizi": un Pinocchio "per le bugie dette sulla mia estromissione dalla commissione bilancio", una Bibbia "perchè si converta ai sani principi della politica, soprattutto se vuole davvero candidarsi a governatore della Regione", e una coppola "perchè ho subito un autentico sopruso mafioso". "È bene precisare - fu la difesa farfugliata e imbarazzata degli onorevoli di Palazzo dei Normanni - che all'Ars non siamo tutti uguali: non tutti abbiamo ancora perso il senso delle istituzioni, della dignità e della buona educazione". Ma De Luca di questa diversità si è sempre vantato.
Dopo il Natale 2017, era il 29 dicembre, si fece zampognaro: suonò la zampogna dentro il Parlamento perchè, disse, "sono un vero siciliano che ama la sua terra". Tra zampogne e sguaiati e beffardi diktat e ultimatum, l'inquieto De Luca non ferma la sua guerreggiante e vertiginosa parabola e, senza neppure avere ancora indossato la fascia tricolore di Taormina, la Perla dello Jonio, pensa alle Europee, progetta nuove alleanze, magari con i renziani, e promette: "Sarò il sindaco dei sindaci...In attesa di fare il presidente della Regione". La marcia continua.