AGI - Il terrorismo ha costretto "una giovane Repubblica" a fare i conti "con le stragi, talvolta compiute con la complicità di uomini da cui lo Stato e i cittadini avrebbero dovuto ricevere difesa; con la violenza politica, tra giovani di opposte fazioni che respiravano l'aria avvelenata di scontro ideologico". Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del Giorno della memoria delle vittime del terrorismo. "Le cifre di quei tragici eventi sono impressionanti: quasi 400 vittime per il terrorismo interno, ai quali vanno aggiunti i caduti per il più recente fenomeno del terrorismo internazionale", ha aggiunto.
"Sconfitto il terrorismo senza cedere agli autoritarismi"
La guerra dello Stato contro il terrorismo "è stata vinta - è bene sottolinearlo, qui e ovunque - combattendo sempre sul terreno della legalità costituzionale, senza mai cedere alle sirene di chi proponeva soluzioni drastiche, da regime autoritario. Affidandosi al diritto e all'amministrazione della giustizia per proteggere la nostra comunità. Rifiutando di porsi al di fuori della natura democratica della nostra Repubblica", ha aggiunto il capo dello Stato.
"Tutte le vittime fanno parte della storia della Repubblica"
Tutte le vittime del terrorismo fanno parte "a pieno titolo della storia repubblicana". Gli "appartenenti alle forze dell'ordine, magistrati, militari; uomini politici e attivisti; manager e sindacalisti; giornalisti; ignari passanti, tra cui donne e bambini. Tutti erano in pericolo, nessuno - ha sottolineato - fu risparmiato". "La ferita inferta ai familiari dei caduti è una ferita inferta al corpo della Repubblica, fondata sulla nostra Costituzione. Una Costituzione che parla di libertà, di democrazia, di responsabilità, di solidarietà, di rispetto di ogni persona.
"Ha prevalso la reazione morale del popolo"
Negli Anni di Piombo "è stata - come Moro auspicava - la reazione morale del popolo italiano a fare la differenza, nella lotta ai terrorismi e all'eversione, facendo prevalere la Repubblica e la sua legalità", ha proseguito Mattarella. "Un popolo - ha sottolineato - che, nella sua stragrande maggioranza, ha respinto le nefaste velleità di chi avrebbe voluto trascinare l'Italia fuori dal novero delle nazioni libere e democratiche. Un popolo che, memore dei disastri della guerra, ha rifiutato con decisione l'uso della violenza come arma per la lotta politica. E che si è stretto attorno alle istituzioni, avvertite come presidio di libertà, diritti e democrazia. Lottando ovunque, nel posto di lavoro, all'interno della società. Scendendo persino in piazza per manifestarne la difesa", ha concluso.
"Mai più stragi"
"L'odio e la violenza costituiscono il percorso dei regimi autoritari. Rappresentano il fallimento dell'umanità, chiamata alla libertà e al rispetto reciproco". Sergio Mattarella ha chiuso così il suo intervento.
"La Repubblica - ha ricordato - ha saputo produrre i suoi anticorpi, ben sapendo che un clima di scontro violento, parole d'odio, l'avversario trasformato in nemico da abbattere, costituiscono modalità patologiche della contesa politica che, oggi come allora, vanno condannate e respinte con decisione" perché, ha insistito, "la democrazia della nostra Repubblica si nutre di tolleranza, di pazienza, di confronto, di rispetto".
"È una strada che a taluno appare lunga e faticosa ma è l'unica di progresso della convivenza. L'unica capace di ottenere e mantenere nel tempo pace, serenità, benessere, diritti a tutti i cittadini. È questo l'insegnamento che ci proviene dalle tante, troppe vittime del terrorismo e dell'eversione. Intorno alla loro memoria ci stringiamo - ha concluso - oggi commossi per ribadire con determinazione: mai più violenza politica, mai più stragi".