AGI - “Ora e sempre Resistenza”. Non ci sono sfumature nel discorso di Sergio Mattarella, nessun dubbio: il fascismo ingannò gli italiani e portò il Paese alla catastrofe, per riscattarlo servì la lotta partigiana, la Resistenza, che fu vero patriottismo. Una svolta morale di popolo, un riscatto. Il presidente della Repubblica celebra la Festa della Liberazione prima a Roma, all’Altare della Patria con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha appena spiegato il ‘suo’ 25 Aprile, e con i presidenti di Camera e Senato Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, poi vola a Cuneo, terra partigiana, e cita Piero Calamandrei, azionista, antifascista e costituente. “Se volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani”, “lì è nata la nostra Costituzione”. Nessun cedimento rispetto ai discorsi degli anni passati, quando al governo non c’era un il centrodestra, nessun accenno diretto alle polemiche dei giorni scorsi, ma una ferma definizione dei passaggi che hanno portato dal Ventennio alla Repubblica.
"Un momento risolutivo per una crisi suprema"
"La lotta per la sopravvivenza del Paese in cui fummo aiutati dagli Alleati fu accompagnata da "una consapevolezza: la crisi suprema del Paese esigeva un momento risolutivo, per una nuova idea di comunità, dopo il fallimento della precedente. Si trattava di trasfondere nello Stato l'anima autentica della Nazione. Di dare vita a una nuova Italia", ha dichiarato Mattarella a Cuneo.
"Impegno e promessa realizzate in questi 75 anni di Costituzione repubblicana. Una Repubblica fondata sulla Costituzione, figlia della lotta antifascista" sottolinea il capo dello Stato. "Le Costituzioni nascono in momenti straordinari della vita di una comunità, sulla base dei valori che questi momenti esprimono e che ne ispirano i principi. Le 'Repubblichè partigiane, le zone libere, furono anticipatrici, nelle loro determinazioni, nel loro operare, della nostra Costituzione".
Il Capo dello Stato ribadisce che L'Italia è "una Repubblica fondata sulla Costituzione, figlia della lotta antifascista". "Il frutto del 25 aprile è la nostra Costituzione sottolinea - Il 25 aprile è la Festa della identità italiana, ritrovata e rifondata dopo il fascismo. È dalla Resistenza che viene la spinta a compiere scelte definitive per la stabilità delle libertà del popolo italiano e del sistema democratico, rigettando le ambiguità che avevano permesso lo stravolgimento dello Statuto albertino operato con il fascismo".
Le tappe del ritorno alla democrazia
Il capo dello Stato ripercorre tutte le tappe. "Se il decreto luogotenenziale del 2 agosto 1943 - poco dopo la svolta del 25 luglio - prevedeva l'elezione di una nuova Camera dei Deputati, per un ripristino delle istituzioni e della legalità statutaria, non appena ce ne fossero le condizioni, fu il decreto del 25 giugno 1944 - pochi giorni dopo la costituzione del primo Governo del CLN - a indicare che dopo la liberazione del territorio nazionale sarebbe stata eletta dal popolo, a suffragio universale, un'Assemblea costituente, con il compito di redigere la nuova Costituzione. Per questo quel decreto viene definito la prima 'Costituzione provvisoria".
"Seguirà poi il referendum, il 2 giugno 1946, con la Costituente e la scelta per la Repubblica. La rottura del patto tra Nazione e monarchia, corresponsabile, quest'ultima, di avere consegnato l'Italia al fascismo, sottolineava l'approdo a un ordinamento nuovo - prosegue il Presidente -. La Costituzione sarebbe stata la risposta alla crisi di civiltà prodotta dal nazifascismo, stabilendo il principio della prevalenza della persona e delle comunità sullo Stato, guardando alle autonomie locali e sociali dell'Italia come a un patrimonio prezioso da preservare e sviluppare. Una risposta fondata sulla sconfitta dei totalitarismi europei di impronta fascista e nazista per riaffermare il principio della sovranità e dignità di ogni essere umano - autonoma identità - sulla pretesa di collettivizzazione in una massa forzata al servizio di uno Stato, in cui l'uomo appare solo un ingranaggio".
"È nata una democrazia forte e matura nelle sue istituzioni e nella sua società civile - conclude Mattarella - che ha permesso agli italiani di raggiungere risultati inimmaginabili".
Snodi della memoria
Sergio Mattarella, accompagnato da Crosetto, è giunto intorno alle 16:00 a Borgo San Dalmazzo per onorare gli oltre 300 ebrei che furono deportati dalle SS ad Auschwitz. Qui dopo l'8 settembre 1943, le SS catturarono 355 profughi ebrei che insieme ad altre centinaia avevano superato il confine francese sperando nella salvezza. Dalla prigione improvvisata nell'ex-caserma degli Alpini furono deportati il 21 novembre verso Auschwitz. Solo pochi di loro tornarono dal lager.
Gli abitanti di Borgo San Dalmazzo, coordinati dal parroco, don Raimondo Viale, che negli anni precedenti si era schierato contro la guerra ed era stato quindi mandato al confino, cercarono di aiutarli e nascosero gli ebrei che erano riusciti a sfuggire alla cattura. Viale, il cui impegno è ricordato da Nuto Revelli nel libro 'Il prete giusto', è stato insignito dallo Yad Vashem di Gerusalemme dell'onorificenza Giusto tra le nazioni.
A ricordare la tragedia, il Memoriale della deportazione: tre vagoni merci dell'epoca, 335 lastre a terra con i nomi dei deportati, 20 lastre ancora erette con i nomi di chi è ritornato. Mattarella ha deposto una corona mentre veniva eseguito il Silenzio.
Verso le 17:00, il Presidente della Repubblica è poi giunto a Boves, teatro di un eccidio nazista nel 1943. Mattarella è stato accolto da una folla che lo ha applaudito. Il Presidente ha stretto la mano a molti di loro mentre qualcuno gridava "forza Presidente ", "viva il 25 Aprile, viva la Liberazione". Poi ha firmato la sciarpa rosa di una ragazza, sua concittadina, tifosa del Palermo.