AGI - "L'Italia farà sentire la sua voce e molto forte". La premier Meloni si appresta a mettere sul tavolo della riunione del Consiglio europeo, che riguarderà soprattutto i temi dell'economia, le battaglie che sta portando avanti. Dalla conferma di un sostegno senza se e senza ma a Kiev alla necessità che l'Europa si faccia carico del problema dell'immigrazione. L'obiettivo è far sì che le istituzioni comunitarie prendano un impegno concreto, con delle tempistiche certe, per evitare che il nostro Paese sia ancora una volta lasciata solo e diventi "il campo profughi d'Europa".
Prima di volare a Bruxelles il capo dell'esecutivo ha tessuto una tela, sentendo innanzitutto più volte la presidente della Commissione von der Leyen. È lei - rimarca un ministro - l'interlocutrice che deve spingere gli altri Paesi a fare in modo che ci sia un cambio di passo. Meloni ha sentito il Cancelliere tedesco Scholz, il primo ministro greco Mitsotakis e il primo ministro polacco Morawiecki.
La convinzione del governo è che, anche grazie alla sponda dei Paesi che affacciano sul Mediterraneo, si possano ottenere dei risultati. La premier prima al Senato e poi alla Camera è tornata a ribadire la strategia del governo. A palazzo Madama sono arrivati i distinguo del capogruppo della Lega Romeo, a Montecitorio non erano presenti - poi sono arrivati i ministri Valditara e Calderoli - i rappresentanti del partito di via Bellerio al governo.
Assenze rimarcate dall'opposizione ma sono stati proprio gli 'ex lumbard', il presidente dei deputati Molinari in primis, a sottolineare che non c'è alcun problema politico. Salvini ha fatto sapere di non volere smarcamenti e lo stesso Berlusconi, parlando con i suoi, ha rimarcato quanto sia stata efficace la premier a palazzo Madama. Restano i dubbi negli alleati di FdI, soprattutto in caso di una escalation militare e qualora ci dovesse essere un nuovo invio di armi, ma c'e' sponda piena al capo dell'esecutivo: "La maggioranza è compatta", dice il capogruppo di Fratelli d'Italia a Montecitorio, Foti.
Meloni ha alzato il tiro nei confronti di chi, a suo dire, fa campagna elettorale sull'Ucraina. Fermarsi? "Bisognerebbe dirlo a Putin. Non si può consentire l'invasione dell'Ucraina. Se noi ci fermiamo la consentiamo. Pensate che a qualcuno piace la guerra? La situazione è più complessa di quanto dice la propaganda", ha detto rivolgendosi al Movimento 5 stelle.
La premier ha voluto ascoltare l'intervento del presidente pentastellato Conte prima di lasciare Montecitorio e dirigersi, insieme agli altri ministri, al Quirinale per l'appuntamento solito che precede una riunione del Consiglio europeo di Bruxelles. "Il vostro è un patriottismo d'accatto", l'affondo dell'ex premier, "lei la faccia ce la mette ma e' una faccia di bronzo". Meloni ha attaccato anche sul fronte dell'immigrazione. Rivolgendosi questa volta al Pd e a chi, a suo dire, racconta menzogne sulla tragedia di Cutro.
"Si continua a dire che il governo non avrebbe salvato queste persone perché non aveva la volontà" di farlo, "si continua a insinuare questo dubbio senza avere elementi, non si stabilisce a monte il colpevole". "Ci sono stati riferimenti abbastanza avvilenti e molte falsità", l'accusa. "Si tratta - ha argomentato - di una calunnia nei confronti non del governo ma dello Stato italiano e dell'intero sistema", "una mancanza di rispetto" verso chi ogni giorno si impegna per salvare persone in mare.
"Noi stiamo facendo un enorme sforzo. Siamo il governo che ha salvato più persone", ha sottolineato Meloni, "stiamo lavorando per bloccare le partenze illegali, anche con una missione Ue, e allo stesso tempo puntiamo sull'immigrazione legale con il decreto flussi. Basta con il 'liberi tutti' che è stato favorito in questi anni".
E ancora: "Le nostre norme piu' stringenti sulla protezione speciale non sono una violazione delle norme internazionali. Bisogna aiutare la Tunisia a evitare un default finanziario che ci consegnerebbe centinaia di migliaia di persone". Barra dritta anche sul Mes (in Commissione Affari esteri e' stato rinviato il voto sulla proposta di legge del Pd per ratificarlo): "Non è una Banca centrale", è uno strumento che puo' servire se indirizzato alla politica industriale, "non è un totem".
Così come sulla direttiva Ue sulle auto green e sullo stop su diesel e benzina: "Siamo d'accordo sugli obiettivi che l'Europa si dà sulla transizione verde, quello su cui non siamo d'accordo è che l'Europa debba dirci anche quali devono essere le tecnologie" di cui servirsi, "il punto è non devastare il nostro sistema produttivo". La proposta di revisione del patto di stabilita'? "La miglioreremo". Il superbonus? "Ha aiutato le banche a lucrare".