AGI - Inizia il percorso dell'ultimo progetto leghista di autonomia differenziata. Il Consiglio dei ministri ha approvato all'unanimità, in via preliminare, il disegno di legge preparato da Roberto Calderoli. Il ddl delinea la cornice entro la quale le Regioni potranno, in futuro, chiedere allo Stato il trasferimento delle funzioni e competenze definite dagli articoli 116 e 117 della Costituzione. Ora il testo dovrà passare all'esame della Conferenza unificata e poi del Parlamento.
Nel frattempo la cabina di regia istituita in manovra avrà un anno di tempo per definire i livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi (Lep), "nucleo invalicabile" per 'calcolare' le risorse da destinare a ogni Regione per 'coprire' le spese sostenute per il trasferimento dei servizi.
"Puntiamo a costruire un'Italia più unita, più forte e più coesa", rassicura Giorgia Meloni, in una nota diffusa in serata. "Il governo avvia un percorso per superare i divari che oggi esistono tra i territori e garantire a tutti i cittadini, e in ogni parte d'Italia, gli stessi diritti e lo stesso livello di servizi. La fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in questi anni mai determinati, è una garanzia di coesione e unità - insiste il presidente del Consiglio -. Un provvedimento che declina il principio di sussidiarietà e dà alle Regioni che lo chiederanno una duplice opportunità: gestire direttamente materie e risorse e dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi".
In conferenza stampa, nella sala polifunzionale di Palazzo Chigi, la presentazione del ddl è affidata a Calderoli, e ai colleghi Elisabetta Casellati e Raffaele Fitto. Il governatore veneto Luca Zaia, tra i promotori del progetto con il referendum veneto e lombardo del 2017, è il primo a esultare e parla di "giornata storica", mentre il segretario leghista Matteo Salvini si limita a far trapelare di aver inviato un messaggio nelle chat interne della Lega in cui rivendica "l'ennesima promessa mantenuta".
Tra gli alleati di governo, mostra prudenza Silvio Berlusconi. "Questo è l'avvio di un percorso che dovrà essere condiviso in Parlamento, dove il testo potrà essere ulteriormente migliorato, e che potrà ritenersi concluso soltanto dopo la definizione dei Lep e del loro effettivo finanziamento", puntualizza il Cavaliere. "Questa autonomia la propose lo stesso Pd anni fa, poi se cambia idea mi spiace per loro", aggiunge poi Salvini, intervenendo in tv.
Protestano le opposizioni. Dal Pd, Stefano Bonaccini parla di "bozza irricevibile" e annuncia una "mobilitazione". Mentre il leader M5s Giuseppe Conte accusa Meloni di aver "svenduto" l'Unità nazionale per le regionali in Lombardia. Critica, dal Terzo Polo, anche Mariastella Gelmini: "L'entusiasmo della Lega sul ddl Calderoli approvato oggi in Cdm certifica soltanto che al partito di Salvini hanno concesso di piantare una bandierina elettorale alla vigilia del voto in Lombardia - sostiene l'ex ministra -. Uno spot che non conclude nulla. Per Lep e intese ci vorranno anni".
All'approvazione del ddl si arriva dopo circa tre mesi e mezzo dal giuramento del governo e quando mancano dieci giorni dalle elezioni regionali in Lombardia.
Nella bozza finale approvata nel pomeriggio dal Cdm sono inseriti alcuni riferimenti al rispetto "dell'equilibrio di bilancio" nella determinazione delle risorse da trasferire alle Regioni sulla base dei costi e fabbisogni standard individuati dai Lep. Nelle scorse settimane, erano stati tolti i riferimenti alla spesa storica che lo Stato ha sostenuto in quella Regione come base del calcolo delle risorse da trasferire in caso di mancata individuazione dei Lep.
Il percorso tracciato dal ddl, che si compone di dieci articoli, è lungo e abbastanza tortuoso, condizionato alla determinazione dei Lep, che non dovrebbe arrivare prima di un anno. La determinazione dei Lep è demandata a uno o più decreti del presidente del Consiglio dei ministri che, alla fine del relativo iter, dovranno essere predisposti dalla cabina di regia e deliberati dal Consiglio dei ministri. Sugli schemi di dpcm dovranno essere acquisiti l'intesa della Conferenza unificata e il parere delle Camere - che dovrà essere reso entro quarantacinque giorni - prima della relativa deliberazione da parte del Consiglio dei ministri. Spetta alla legge indicare le materie o gli ambiti di materie Lep.
L'articolo due del ddl disciplina il procedimento di approvazione delle intese tra Stato e Regione. L'atto di iniziativa spetta alla Regione richiedente, previo parere degli enti locali, secondo le modalità e le forme stabilite nell'ambito della propria autonomia statutaria. Quindi è trasmesso al presidente del Consiglio dei ministri e al ministro per gli Affari regionali e le autonomie che, acquisita la valutazione dei ministri competenti per materia e del ministro dell'Economia e delle finanze entro i successivi trenta giorni, avvia il negoziato con la Regione interessata.
Lo schema di intesa preliminare tra Stato e Regione, corredato di una relazione tecnica, è approvato dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie. Alla riunione del Consiglio dei Ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale interessata.
Lo schema di intesa preliminare è immediatamente trasmesso per il parere alla Conferenza unificata che deve pronunciarsi entro trenta giorni; trascorso tale termine viene comunque trasmesso alle Camere, per l'esame da parte dei competenti organi parlamentari, i quali potranno esprimersi con atti indirizzo entro sessanta giorni, secondo i rispettivi regolamenti.
Quanto al finanziamento dell'autonomia differenziata, si rinvia a una Commissione paritetica Stato-Regione il compito di individuare le risorse necessarie per l'autonomia differenziata.
La Commissione paritetica Stato-Regione deve procedere annualmente alla valutazione degli oneri finanziari derivanti, per ciascuna Regione interessata, dall'esercizio delle funzioni e dall'erogazione dei servizi connessi alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, secondo quanto previsto dall'intesa, in coerenza con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica e, comunque, garantendo l'equilibrio di bilancio.
La durata delle intese tra Stato e Regioni, che ciascuna Regione dovrà individuare, non sarà comunque superiore a dieci anni. L'articolo 9, infine, prevede misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale.