AGI - Elly Schlein sta per annunciare la sua discesa in campo. Lo farà, con ogni probabilità domenica nel corso dell'iniziativa annunciata al Monk di Roma, nel popolare quartiere Tiburtino. "Parte da Noi" è il titolo dell'evento e il nome potenziale della sua mozione congressuale. "Non penso che ci sia un rischio di scissione se dovessi vincere, è un messaggio sbagliato. Se saremo in campo ci resteremo qualunque sia l'esito del Congresso. Ci serve coerenza per essere credibili con le persone", dice ospite a Otto e Mezzo.
Una precisazione dovuta alla netta presa di posizione del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che in una intervista non ha escluso di lasciare il Pd in caso di vittoria della deputata dem. Parole, quelle di Gori, che hanno provocato una levata di scudi nel partito. "Ad alcuni non interessa discutere dell'identità, di come recuperare consenso sociale", spiega Peppe Provenzano, vicesegretario Pd e uno dei punti di riferimento della sinistra dem.
"Interessa solo cambiare il segretario. E mentre difendono una presunta 'ortodossia democratica', invece di stare al merito di una discussione che la sinistra di tutto il mondo sta facendo, minacciano di andarsene se a vincere non sarà il candidato che hanno scelto loro. Molto democratico, in effetti", aggiunge.
Ma anche da parte di esponenti più vicini alla sensibilità del sindaco di Bergamo non si nasconde il disappunto per una uscita poco felice: "Leggo di esponenti del Pd, anche di opposta tendenza interna, che dicono 'se il congresso lo vince lui, o lei, è probabile che lascerei il partito'. Quelli che parlano così sono pochissimi, per fortuna. E una cosa è certa: di ciò che deve essere il Pd non hanno capito niente".
Schlein da parte sua, sembra voler riportare la discussione nel merito delle proposte. Non risponde oltre agli attacchi e, anzi, tende una mano al suo competitor: "Con Bonaccini abbiamo un ottimo rapporto, di stima reciproca e abbiamo lavorato bene assieme. Le nostre distanze emergeranno da questo bellissimo percorso congressuale ma gli voglio fare un in bocca al lupo".
Fair Play al quale fa da contraltare la sua immagine di anti-Meloni, ribadita nel corso dell'intervista. "Io e Meloni siamo agli antipodi. Il governo non parla mai di disuguaglianze né di precarietà. Lo slogan Dio, padre e famiglia è uno slogan nazionalista che sarebbe da abbandonare perché sta facendo grandi danni in Europa", dice la deputata ricordando, in qualche modo, l'intervento a piazza del Popolo, il 23 settembre. "Sì, sono una donna, amo un'altra donna e non sono una madre. Ma non per questo sono meno donna", disse in quell'occasione riferendosi chiaramente al tormentone della leader di Fratelli d'Italia: "Sono Giorgia, sono una donna, sono una madre".
Prima di confrontarsi direttamente con la presidente del Consiglio e leader del centrodestra, tuttavia, Schlein è chiamata a vincere il congresso del Pd e a rilanciarlo su altre basi, al termine del percorso costituente che è appena iniziato: "Io mi considero di sinistra, ecologista, femminista e saro' attenta a creare una squadra. Perchè bisogna anche cambiare il modello di leadership, non ha funzionato quella dell'uomo solo al comando, nè funzionerebbe la donna sola al comando ma serve una squadra".
E da questo punto di vista, quello che promette Schlein, è una rivoluzione culturale interna ai dem: "Serve un gruppo dirigente che faccia un cambio generazionale e di genere. La Meloni è un modello che non vuole proporre pluralità, e non tutte le leadership femminili sono femministe".