AGI - "Mi pare che tra le cose scritte da Berlusconi manchi una cosa: non sono ricattabile". È Giorgia Meloni a dirlo, rispondendo alle domande dei giornalisti sul biglietto in Aula che la riguardava scritto da Silvio Berlusconi, lasciando Montecitorio.
E la ruggine si accumula tra il partito di Meloni e Forza Italia. Non è stato gradito l'appunto del Cavaliere sulla presidente di FdI: "Giorgia non ha disponibilità ai cambiamenti, è una con cui non si può andare d'accordo". Viene definita "supponente, prepotente, arrogante e offensiva".
I rapporti tra Berlusconi e Meloni hanno attraversato anche in passato periodi non proprio idilliaci. Si ricorda quando l'attuale presidente di FdI si candidò a sindaco di Roma: "Una mamma non può dedicarsi a un lavoro cosi' terribile", disse Berlusconi, nel 2006. Ma nel corso degli anni ci sono stati diversi scontri ma anche momenti che testimoniano la stima reciproca tra i due.
Tra Inter ed Hellas
A mettere in guardia il Cavaliere era stato anche Matteo Salvini. Il rapporto tra FdI e Lega è molto più saldo: in Fratelli d'Italia Salvini viene elogiato per la prova di compattezza dimostrata nell'elezione dei presidenti di Camera e Senato. Se Ignazio La Russa l'ha messa sullo sport ("Per me è stata più emozionante la vittoria dell'Inter in Champions), Lorenzo Fontana è andato oltre, confessando una delle passioni cui dovrà rinunciare. Aveva comprato l'abbonamento per assistere in curva a tutte le partite dell'Hellas Verona, "ora non ci potrò andare", ha detto a più interlocutori.
Salvini ha giustificato ai suoi la scelta di Fontana, spiegando che è stata basata sul criterio della rappresentanza regionale, tradizionale 'diktat' nella Lega. Tramontata la candidatura di Roberto Calderoli alla presidenza del Senato, l'ex ministro della Semplificazione dovrebbe entrare nella squadra di governo, alla guida del dicastero degli Affari regionali.
Con Salvini e Giorgetti salirebbero così almeno a quota tre i lombardi in posizioni chiave e serviva un veneto - Fontana, appunto - per un ruolo così importante come la presidenza di Montecitorio. Questo probabilmente significherà che Erika Stefani, per cui faceva il tifo Luca Zaia, non entrerà nella squadra di governo.
Ma al di là dei negoziati sull'esecutivo, è sul biglietto vergato da Berlusconi che si concentra l'attenzione. E se La Russa liquida come un 'fake' la foto scattata sul banco del Cavaliere in Senato, uscendo dall'Aula di Montecitorio la stessa Meloni l'aveva buttata sull'ironia: "Oggi è una giornata tranquilla", aveva detto infilandosi in un ascensore dove aveva trovato Maria Elena Boschi: "Vado a fare prima un inciucio e poi torniamo", aveva scherzato il presidente di FdI.
L'avvertimento di Salvini
"Lo avevo avvisato: 'Guarda che Giorgia ha i numeri, non puoi metterti di traverso'". Salvini racconta l'aneddoto della telefonata con Berlusconi ai deputati riuniti di primo mattino nelle sale del gruppo, poco prima dell'elezione di Fontana. Durante l'incontro coi suoi, il segretario leghista poi torna a rilanciare le battaglie della Lega in campagna elettorale. "Lo ha detto anche Carlo Bonomi: serve un intervento vero contro il caro-bollette, con te al Mef potremo farlo...", dice rivolgendosi a Giancarlo Giorgetti.
Una battuta anche su Fontana: "Giancarlo, prepara la legge di bilancio. E mi raccomando tagliamo le spese della Camera ...". Nel gruppo leghista restano gli strascichi per la 'virata' su Fontana, decisa da Salvini alla vigilia. Alcuni voti al veneto potrebbero essere mancati proprio tra chi puntava alla fumata bianca del capogruppo Riccardo Molinari (che ha comunque ottenuto un voto).
Altri da Forza Italia (un esponente azzurro confida che occorreva certificare la prova del voto). Il dato è che il centrodestra ha sì abbassato di 14 voti l'asticella prevista, ma ha evitato di replicare la spaccatura della vigilia. "È stato solo un incidente di percorso", ha minimizzato Salvini.
Venerdì Meloni ha aspettato il Cavaliere nel suo ufficio, nei giorni scorsi gli ha riproposto lo schema del governo del 2008, quando Alleanza nazionale confluì nel Pdl contribuendo alla vittoria del Cavaliere. Alla componente capitanata da Fini che aveva percentuali più alte di quelle ottenute il 25 settembre da FI toccarono quattro ministri: Matteoli alle Infrastrutture e trasporti, La Russa alla Difesa, Ronchi alle Politiche europee e, appunto, Meloni alle Politiche giovanili. Meloni avrebbe detto al suo interlocutore di voler andare oltre, 'offrendo' agli azzurri più dicasteri di quelli previsti ma con l'assunto che "serve un esecutivo autorevole", non un 'governicchio'.
La stretta di mano tra i due sembrava presagire un buon clima al Senato: è stato invece 'arroventato', anche perché, sottolinea qualcuno in FdI e pure in FI, ci sono stati alcuni senatori, tra cui l'azzurro Gianfranco Micciché, che avrebbero soffiato sul fuoco.
Venerdì sera, ricevendo i forzisti del Senato a cena a villa Grande, Berlusconi ha comunque voluto sottolineare la volontà di far partire il governo - "Voglio dare il mio contributo" - ricordando però allo stesso tempo che quando lui era premier il trattamento riservato agli alleati era diverso.
Al momento nelle fila di FI quelli che hanno maggiori possibilità di entrare nel futuro esecutivo Meloni sono Antonio Tajani agli Esteri e Gilberto Pichetto Fratin probabilmente alla Pubblica amministrazione. Meno certa la 'collocazione' per Anna Maria Bernini all'Università (in ballo c'è anche Giuseppe Valditara della Lega). Per la Giustizia è sempre in pista il magistrato Carlo Nordio, voluto da Meloni (ma la casella resta incerta).
Così come il Mise dovrebbe andare a FdI, anche se il Cavaliere ci punta ancora. Per il dicastero del Lavoro la prescelta dovrebbe essere Marina Elvira Calderone. La Difesa sicuramente andrà ad un esponente di FdI: Adolfo Urso e Edmondo Cirielli in pole position.
Raffaele Fitto dovrebbe andare agli Affari europei, un dicastero dovrebbe toccare anche a Fabio Rampelli. Alla Lega toccheranno gli Affari regionali (Calderoli), il Mef (Giorgetti), la Disabilità (Alessandra Locatelli), le Infrastrutture (possibile Salvini).
L'ex capo di gabinetto del leader della Lega al Viminale, Matteo Piantedosi potrebbe andare al Viminale. Ma il 'puzzle' è ancora da definire. "Berlusconi vuole solo posti", si sottolinea in FdI. Meloni intanto accelera. "Gli italiani ci chiedono risposte immediate e non perdere tempo.