AGI - Chi lo conosce bene è pronto a giurare che Ignazio La Russa non avrebbe barattato una sconfitta della sua Inter al Camp Nou col Barcellona con la presidenza del Senato.
La fortuna ha voluto accontentarlo su entrambi i fronti. Nel corso degli anni, complice un tono di voce inconfondibile e una certa vivacità caratteriale, è diventato uno degli uomini politici italiani più popolari.
Se è vero che la notorietà si misura col numero di imitazioni di cui si è oggetto, La Russa è il numero uno per distacco. Ma la vicenda politica del neopresidente del Senato parte da lontanissimo, nel contesto di una famiglia legata al fascismo e, nel dopoguerra, ai suoi eredi politici, per poi aderire convintamente, a metà degli Novanta, alla svolta liberale impressa da Gianfranco Fini.
Se la si vede dal punto di vista puramente parlamentare, quella di La Russa è una promozione allo scranno più alto di Palazzo Madama da vicepresidente esperto, e pertanto risulta anche naturale, ma è dal punto di vista politico che la sua elezione assume un significato rilevante.
Come si diceva, La Russa (classe 1947) ha un pedigree esemplare di esponente della destra nazionale: si è fatto le ossa, infatti, nel Fronte della Gioventù, figlio di un esponente del Pnf e poi del Msi, partito col quale è approdato per la prima volta in Parlamento nel 1992.
Poi, con l’irruzione di Silvio Berlusconi nella scena nel 1994 e la fondazione del centrodestra, è arrivata Fiuggi e l’emarginazione dei nostalgici e il taglio del cordone ombelicale col fascismo, che ha aperto agli ex-missini le porte del governo.
E anche in questo La Russa è stato protagonista, diventando ministro della Difesa con Berlusconi premier, per poi partecipare alla fondazione del Pdl, fortemente desiderato dal leader di Forza Italia. Un’esperienza durata quattro anni, fino alla decisione di fondare, assieme all’attuale premier in pectore Giorgia Meloni e a Guido Crosetto, Fratelli d’Italia, una delle scommesse più fortunate della recente storia politica, partito con risultati magri e ora primo partito italiano.
Il carattere simpatico che tutti gli riconoscono non ha impedito, nel corso degli anni, di mettere La Russa al centro di ricorrenti polemiche su una certa ambiguità nei confronti dell’esperienza fascista, come quando ha parlato della sua collezione di busti di Mussolini e, recentemente, quando il fratello Romano è stato immortalato a un funerale mentre faceva il saluto romano.
Lo stesso saluto romano che il neopresidente del Senato, con la consueta vena provocatoria, aveva raccomandato in piena pandemia per evitare il contagio. Una vena che ora, in qualità di seconda carica dello Stato, La Russa dovrà necessariamente annacquare.