AGI - Una 'prorogatio' delle presidenti attuali o l'elezione di due nuove capigruppo per il Partito Democratico. A scandagliare gli eletti dem in Transatlantico sembrano queste le due soluzioni sul tavolo al momento.
Il segretario Enrico Letta ribadisce la linea inaugurata al suo insediamento al Nazareno, quando sostituì due uomini, Graziano Delrio e Andrea Marcucci, con due donne.
Una scelta, quella di allora, che serviva anche a dare un segnale in un partito che usciva da una crisi di governo con la nomina di tre ministri, tutti uomini.
Oggi, alla luce di elezioni che hanno portato in Parlamento meno donne di quello che ci si attendesse (circa il 32% degli eletti totali), la necessità di dare risposta a chi chiede parità di genere nel partito è quanto mai urgente.
Lo si è visto anche in occasione dell'ultima direzione, quando la questione femminile ha fatto irruzione in sala David Sassoli. Lo schema, dunque, potrebbe essere quello della conferma delle presidenti dei Gruppi elette un anno e mezzo fa: Debora Serracchiani e Simona Malpezzi.
Questa la 'strada maestra' che garantirebbe una continuità di azione nei gruppi, evitando di dover cambiare nuovamente le presidenti fra quattro o cinque mesi, quando si insedierà un nuovo segretario e le capigruppo saranno sottoposte a verifica da parte della nuova segreteria. L'incognita che grava su questo schema, tuttavia, è quella dell'elezione dei componenti dell'ufficio di presidenza di Montecitorio e Palazzo Madama.
Se Debora Serracchiani o Simona Malpezzi dovessero rientrare in uno dei due uffici, infatti, potrebbero lasciare spazio a due altre personalità del partito. In pole, in questo caso, ci sono Anna Ascani alla Camera (che oggi si è confrontata a lungo con Serracchiani in un angolo del Transatlantico) e Valeria Valente al Senato.
Al Senato, invece, potrebbe essere Valeria Valente o Anna Rossomando a subentrare a Simona Malpezzi. Tutto si deciderà all'inizio della prossima settimana, viene fatto osservare, fino ad allora tante cose potrebbero ancora cambiare.
Quello che è certo è che, come dimostra il 'corto circuito’ che si è verificato al Senato - dove Ignazio La Russa è stato eletto presidente con più voti di quelli che il centrodestra aveva a disposizione - quella che si apre sarà una legislatura che metterà a dura prova la capacità del centrosinistra di fare opposizione.