AGI - È andato decisamente oltre gli obiettivi che i suoi fondatori si erano prefissati, Fratelli d'Italia. Una forza creata con l'intento di "dare una nuova casa alla destra" e di riportarla ai livelli elettorali toccati sotto la guida di Gianfranco Fini, che ora si ritrova primo partito italiano col 26 per cento e con la propria leader presidente del Consiglio in pectore.
Un partito, come spesso accade, nato da un trauma politico, la cui parabola inizia in modo simile a quella di molte altre forze politiche. La rottura traumatica è quella tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi, che portano Giorgia Meloni ad allontanarsi da quello che era stato il suo mentore, a non seguirlo nell'esperienza di Futuro e Libertà e a voler "dare una nuova casa alla Destra" assieme a Ignazio La Russa e Guido Crosetto.
Ma Fratelli d'Italia nasce anche in polemica col Cavaliere, come conseguenza dello stop alle primarie aperte nel Pdl, imposto da Silvio Berlusconi in virtù di un certo timore che la candidatura della Meloni ne appannasse l'immagine di leader incontrastato del centrodestra.
Gli inizi, come è noto, non sono dei più incoraggianti: FdI non arriva al 2 per cento alle Politiche del 2013, migliora alle Europee l'anno successivo, ma non supera lo sbarramento e non elegge deputati a Strasburgo. Cresce ma non troppo alle Politiche del 2018, quando prende il 4,3 per cento, contro il 14 per cento di Forza Italia e il 17,4 per cento della Lega di Matteo Salvini.
Poi, la decisione di non entrare nel primo governo Conte assieme all'alleato Salvini, un'ipotesi che a un certo punto parve concretizzarsi, per poi sfumare definitivamente. Alle Europee del maggio successivo, nelle quali il partito di via Bellerio prese il 34,3 per cento, FdI ha ottenuto il 6,4 per cento, un incremento non paragonabile al raddoppio della Lega e non sufficiente a operare un sorpasso su Forza Italia (allora all'8,8 per cento).
Ma è con l'esperienza di governo di Salvini e l'inizio della fase calante di FI che le cose cominciano a cambiare: la non compromissione con l'esecutivo gialloverde paga, così come paga l'utilizzo sempre più penetrante della comunicazione sui media e sui social. Il tutto, non disgiunto da una riconosciuta (anche dagli avversari) abilità oratoria.
Il 2019, in quest'ottica, è l'anno decisivo: arrivano i primi governatori in Abruzzo e nelle Marche, i primi risultati a doppia cifra in alcuni territori, il sorpasso su Forza Italia. La Meloni si avvantaggia della scelta di non sostenere il Conte 1 ma la differenza, a livello di consensi, la segna la linea irremovibile sulla non partecipare alla larga coalizione per il governo Draghi, quando FdI rimane di fatto l'ultimo partito di opposizione.
Nelle ultime tornate amministrative, che hanno compreso le elezioni nelle città più importanti, il centrodestra non porta a casa successi significativo, ma FdI si impone come primo partito della coalizione, certificando il sorpasso anche sulla Lega, con percentuali a doppia cifra praticamente ovunque.
Poi, la notte dle 25 settembre, la certificazione dell'egemonia di FdI rispetto agli altri due partiti del centrodestra, col crollo della Lega: i consensi del Carroccio e di FI, messi assieme, non riescono ad avvicinarsi nemmeno lontanamente alle cifre del partito della Meloni. Una conferma della volatilità dell'elettorato che deve suonare per la nuova leader di maggioranza anche come un monito.