AGI - La Sicilia resta saldamente nelle mani del centrodestra, che vede Renato Schifani conquistare con facilità la presidenza della Regione, mentre si apre una fase da un lato 'scoppiettante' con il ritorno all'Ars di Cateno De Luca e dall'altra di 'ricucitura' tra Cinque Stelle e Pd, chiamati a riprendere a Palermo il filo che si era perso dopo la rottura a Roma tra Enrico Letta e Giuseppe Conte. Il centrodestra, al contrario, sembra ritrovare la propria compattezza, avendo raggiunto una "maggioranza qualificata" per governare.
L'ex presidente del Senato, giunto alla candidatura dopo l'interminabile trattativa che registrò le dimissioni del presidente uscente Nello Musumeci (che oggi può accontentarsi di un posto a Palazzo Madama), è dato dalle proiezioni al 42%, con i dati reali (snocciolati molto lentamente sul sito della Regione: 38% in oltre 1.000 sezioni su 5295) che pian piano si allineano a queste ultime.
"Non ci sarà una maggioranza leggera, come qualcuno adombrava", ha detto, precisando di voler lavorare con un "metodo diverso" da quello del suo predecessore. "Ci vorrà qualche settimana per rodare il governo. Mi confronterò con tutti ma non accetterò mai mediazioni al ribasso", ha aggiunto, in attesa di "una rosa di nomi" dai partiti per una "giunta delle competenze" che lavori sui dossier più stringenti: "La realizzazione del Ponte sullo Stretto, un'opera che vogliono sia il centrodestra regionale sia quello nazionale" e il Pnrr, per il quale il neopresidente della Regione Siciliana vuole insediare "un comitato ristrettissimo di ex magistrati ed ex componenti di forze dell'ordine che ne monitori l'attuazione".
Renato Schifani si lascia dietro Cateno De Luca (nelle proiezioni al 22,6%, nei dati delle sezioni al 28%) che conquista qualche "posizione" a Roma ma perde la battaglia più importante a Palermo, ed è il primo a ammetterlo: "Ho perso, ma i siciliani non hanno vinto", urla dal palco della sua Fiumedinisi, nel Messinese, dove ha il quartier generale.
"Quando è nata Sicilia Vera, il 18 marzo 2007 - ha raccontato - ero solo con gli amici che mi hanno sostenuto. C'era solo una piccola posizione, oggi ci sono due posizioni a Roma e ci saranno 7-10 posizioni a Palermo, ma se io da solo sono arrivato qui credo che questa squadra potrà rivoluzionare la Sicilia. Io non so - ha aggiunto - - se Schifani abbia bisogno di numeri. Quel che è certo è che io con lui non voglio avere niente a che fare".
"Non bisognava sottovalutare De Luca, io non l'ho fatto e l'ho sempre considerato una vera potenzialità - ha detto con il consueto realismo Gianfranco Miccichè, coordinatore di Forza Italia - trattandolo non come una rottura di scatole ma una forza politica che oggi rappresenterà il 20-25 per cento dei siciliani".
Caterina Chinnici, dal canto suo, rientra a Strasburgo. Ha conquistato un terzo posto, ma nel centrosinistra restano macerie e veleni. Se la lista Cento Passi dell'ex presidente della Commissione parlamentare regionale antimafia e candidato alle primarie progressiste, Claudio Fava, non riesce a superare la soglia di sbarramento, è al Pd che tocca fare i conti con numeri da disastro: il 12,5 nelle proiezioni (il 13,5% nei dati reali di oltre mille sezioni) e una scia di tossine politiche.
"Mi assumo la responsabilità di questo risultato - ha affermato il segretario regionale Anthony Barbagallo - così come tutte le decisioni precedenti. Tutte, lo voglio ricordare, approvate all'unanimità dagli organismi del Partito (sic) e condivise con la segreteria nazionale. Abbiamo fatto il possibile con il tempo e i mezzi a disposizione. Anche se, probabilmente qualcuno s'è impegnato molto di più sul dopo e - ha concluso, probabilmente pensando alla piazza di Palermo semivuota la sera del comizio di Letta - molto meno sull'obiettivo principale, che era vincere le elezioni".
Il resto dei dirigenti è rimasto in silenzio, e l'unica uscita pubblica, non a caso, è stata di Valentina Chinnici, che molti considerano una Elly Schlein in salsa siciliana e che vede giungere "buoni risultati" alla propria candidatura alla Regione. In silenzio restano anche i Cinque Stelle, che, alla luce dei risultati nazionali, credevano nel successo di Nuccio Di Paola.
Non è andata così, e il candidato ha dovuto rassegnarsi a un quarto posto, con le proiezioni che lo inchiodano al 15,4% (13,5% nei dati reali). Il Movimento preferisce sottolineare il risultato nazionale, glissando su quello del candidato presidente nell'isola: "Otteniamo un grandissimo risultato con circa il 27 per cento a livello nazionale, il centro-destra non fa il cappotto in Sicilia - dice Di Paola - e portiamo a casa due uninominali, risultato dato come impossibile alla vigilia.
Anche a livello regionale il Movimento 5 Stelle ottiene, almeno per i numeri che attualmente sono a disposizione, un discreto risultato, con numeri a doppia cifra". A una cifra sola, circa il 7% ma determinanti, sono invece le percentuali di due 'grandi ritorni', quello di Totò Cuffaro con la Dc e di Raffaele Lombardo con gli Autonomisti, entrambi ex presidenti della Regione: il secondo sottolinea che sono stati smentiti "i sondaggisti telepatici e psichedelici", mentre il primo annuncia un titolo da film: "Cuffaro è tornato".