AGI - Dopo giorni di tensioni e accuse, stop and go, una stretta di mano poi disconosciuta e due ore di faccia a faccia con tanto di testimoni per evitare eventuali nuove marce indietro, Enrico Letta e Carlo Calenda, assieme a Benedetto Della Vedova, siglano un patto elettorale che li vedrà correre insieme alle urne.
Patto scritto nero su bianco in cui si mette ben in chiaro che nessun leader sarà candidato nei collegi uninominali, ma nemmeno personalità divisive (come gli ex M5s, Luigi Di Maio, esponenti della sinistra), di cui si faranno carico i dem, assicurano dal Nazareno.
Niente 'blindatura' nemmeno per le ministre ex azzurre Gelmini e Carfagna, che saranno candidate da Azione nel proporzionale.
Una 'spartizione' che vede il 70% dei seggi al Pd e il 30 a Azione e Più Europa (scomputando dal calcolo le altre liste collegate).
Non solo: il patto a 'due' prevede anche l'accordo su alcuni punti programmatici: dall'ancoraggio solido all'Europa al sostegno all'Ucraina con il contrasto del regime di Putin, ma anche il proseguimento dell'agenda Draghi, le energie rinnovabili e la riduzione della dipendenza dal gas russo, la realizzazione di impianti di rigassificazione nel quadro di una strategia nazionale di transizione ecologica virtuosa e sostenibile.
E ancora, revisione del reddito di cittadinanza, salario minimo e taglio del cuneo fiscale. Per finire con i diritti civili, a partire dallo ius scholae. Un accordo raggiunto grazie alla "generosità" del Pd, si tiene a sottolineare, dove tutte i protagonisti in campo hanno "fatto un passo indietro".
Letta e Calenda non nascondono la soddisfazione: l'intesa, per cui si è speso molto il segretario dem fino all'appello "accorato" di due giorni fa, viene salutata con favore dai vertici dei tre partiti (Emma Bonino fino all'ultimo ha spinto per evitare la rottura definitiva), ma causa anche qualche malumore tra i parlamentari.
E per il Pd si apre un altro fronte: Sinistra italiana e Europa Verde vogliono garanzie, chiedono a Letta una verifica delle condizioni dell'alleanza e ottengono un incontro (domani alle 15 al Nazareno).
Ma c'è anche la 'grana' Di Maio. Il titolare della Farnesina solo ieri ha presentato il simbolo della nuova formazione, Impegno civico, battezzata assieme a Tabacci, eppure il patto tra Letta e Calenda travolge anche i suoi piani, a seguito del paletto sugli uninominali (il cosiddetto 'lodo Fratoianni', a cui i vertici dem riconoscono la proposta).
Letta incontra l'ex numero uno M5s e in serata Di Maio riunisce i suoi. Un primo incontro "interlocutorio", spiegano dal Pd, a cui ne potrebbero seguire altri nelle prossime ore.
I dem, viene sottolineato, sono pronti a offrire un diritto di tribuna, che però va chiesto, nella convinzione che sarebbe giusta una rappresentanza dimaiana nel prossimo Parlamento.
Ma un certo malessere si allarga e coinvolge le altre forze minori, tanto da spingere i dem a precisare in una nota ufficiale: "Nelle prossime liste elettorali il Partito Democratico offrirà diritto di tribuna in Parlamento ai leader dei diversi partiti e movimenti politici del centrosinistra che entreranno a far parte dell'alleanza elettorale".
Intanto, in un Transatlantico pieno per i lavori d'Aula (domani mattina ultimi voti poi tutti a casa e in campagna elettorale, con un rientro a settembre per approvare il decreto Aiuti bis) si rincorrono ipotesi: le più accreditate prevedono che il Pd si faccia carico di alcuni esponenti della società civile indicati dalle liste di sinistra, nonchè di alcuni esponenti dimaiani, compreso il ministro, e secondo i rumors (non confermati) anche di alcuni fuoriusciti da M5s (D'Incà e Crippa?).
Il che andrebbe a ridurre gli spazi per i candidati dem, tra i quali c'è già fermento.
"Un passo importante, era un dovere superare gli ostacoli e trovare un'intesa che ci consentisse di trovare una proposta che sia vincente, convincente e alternativa a queste destre", rivendica il segretario dem nella conferenza stampa assieme a Calenda e Della Vedova.
"Abbiamo dimostrato un grande senso di responsabilità", sottolinea ancora Letta, convinto che "l'Italia conti molto di più rispetto ai singoli partiti. Non è immaginabile che dopo l'esperienza del governo Draghi l'Italia passi ad un governo delle destre".
Letta, nonostante gli strali renziani, continua a mantenere la porta aperta: "Assolutamente sì, dialogo ancora aperto", assicura. Infine, riconosce a Calenda "uno spirito costruttivo", "tutti hanno fatto un passo indietro".
A sua volta Calenda riconosce a Letta la "correttezza" e garantisce: "Siamo solidi e compatti, andiamo a vincere queste elezioni, niente è già scritto, da oggi finisce ogni tipo di discussione e polemica, finisce il pre partita e inizia la vera partita".
Anche per il leader di Azione la partita con Renzi non è del tutto chiusa, "porte aperte", ma richiama i renziani al rispetto e a non fare la morale ai dem, e nemmeno a Di Maio, con cui hanno governato insieme.
"Era un'occasione straordinaria per fare un terzo polo a doppia cifra, avrebbe penalizzato la destra, gli amici di Azione hanno deciso altrimenti, noi siamo signori, non facciamo polemica. Ma noi non possiamo stare nella stessa coalizione con chi per 55 volte ha votato contro Draghi", commenta il leader di Iv.