AGI - Un voto di fiducia come si conviene a un governo che sta per nascere: mercoledì deputati e senatori sfileranno sotto i banchi del governo e annunceranno i loro voto davanti al presidente del Consiglio Mario Draghi. Una fiducia con il sistema della chiama nominale su un ragionamento politico, quello che farà Draghi in Aula, e non su un testo di legge.
Un segnale che fa dire a una fonte parlamentare che si tratta di un passo in direzione della prosecuzione del governo guidato dall'ex governatore della Bce. Un altro segnale è dato dalla richiesta arrivata da Partito Democratico, M5s, Insieme per il Futuro, Leu e Italia Viva nel corso della conferenza dei capigruppo di Montecitorio perché si possa votare prima alla Camera e poi al Senato.
Il tutto, viene riferito, sarebbe funzionale a veder realizzato quel "fatto politico" nel M5s che convincerebbe Draghi a rivedere la sua scelta di dimettersi. Ovvero l'uscita di un gruppo di parlamentari dal Movimento così da sostenere il premier senza alterare l'equilibrio di esecutivo e maggioranza. Se questa uscita non dovesse verificarsi, infatti, Draghi avrebbe sì ancora una maggioranza, ma nettamente sbilanciata a destra.
Perché votare prima alla Camera? Perché se si votasse prima al Senato, dove i contiani del M5s sono molto compatti, l'immagine plastica offerta dal voto sarebbe quella di una coalizione sostenuta in larga parte dal centrodestra più il Partito Democratico. E Draghi, si ragiona a Montecitorio, si vedrebbe costretto a confermare la decisione annunciata. Un ostacolo aggirabile, viene però aggiunto.
Se i Cinque Stelle dissidenti annunciassero l'addio a Conte prima del voto - come ormai sembra probabile - fuori dall'Aula, certificherebbero già quel "fatto politico" che si attende. Mario Draghi, a quel punto, potrebbe revocare le dimissioni e incassare il voto favorevole prima al Senato e poi alla Camera.
Nonostante questo, l'iniziativa del Pd con M5s e Iv suscita una levata di scudi nella Lega. "Siamo alla farsa. Ora Pd e M5s chiedono a Draghi di comunicare prima alla Camera e poi al Senato solamente perché Conte è più debole alla Camera. Giochini vergognosi che vanno contro la prassi che vuole che le comunicazioni del presidente del Consiglio siano fatte nella Camera di prima fiducia, o dove si è generata la crisi. In entrambi i casi, quindi, al Senato", dicono i capigruppo Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.