AGI - La costruzione di un'area di centro, che raggruppa le forze politiche che non si riconoscono in un'alleanza formata da Pd e 5 stelle, magari con dentro i Verdi e la sinistra più radicale, ma che non guardano nemmeno al centrodestra di Salvini e Meloni, è operazione a cui si stanno prodigando in molti, da Matteo Renzi a Carlo Calenda fino a Più Europa.
Eppure il percorso avviato si preannuncia subito difficoltoso, almeno ascoltando i distinguo, le rivendicazioni e soprattutto i paletti che fioccano da più parti. A fare un primo passo ufficiale verso la creazione di un'area al centro, in vista delle elezioni politiche del 2023 - perché una cosa che accomuna le varie sigle è che il governo Draghi deve andare avanti fino alla fine naturale della legislatura - è il governatore ligure Giovanni Toti, che tiene a battesimo Italia al centro, il nuovo soggetto nato dopo l'esperienza in comune con il sindaco di Venezia Brugnaro.
Alla convention che si è svolta a Roma in tanti hanno risposto all'appello, da Azione a Italia viva, fino al movimento di Clemente Mastella. Arriva anche l'azzurra Mariastella Gelmini - che tiene subito a precisare di essere ospite in qualità di ministro e "non per inseguire collocazioni o geometrie politiche" - all'indomani della rivendicazione fatta da Silvio Berlusconi ("l'unico centro è Forza Italia"), e che oggi torna a scandire come il suo partito sia "insostituibile".
Concetto ribadito da Antonio Tajani, che non risparmia stilettate: "Qui vedo tanti generali che si fanno la guerra tra loro. Non mi pare sia un cantiere che possa andare lontano". Caustico il commento dell'ex delfino berlusconiano alle parole del suo ex leader: "Il centro è di tutti, lo dico con affetto a chi continua in queste ore a dire 'il centro è mio'. L'ambizione è costruire un cantiere che diventi grande, che abbia generali ma che ruotano e che danno il loro contributo senza sentirsi indispensabili, di leader che si sono sentiti indispensabili per poi non esserlo più qualche anno dopo ne abbiamo già visti tanti...", afferma Toti.
Poco distante, sempre nella Capitale, si riunisce anche Più Europa, e Emma Bonino prende le distanze da altre iniziative, mettendo subito in chiaro che "sotto la leadership di Draghi si muovono e si creano partiti che si dissolvono due giorni dopo. Noi di +Europa con questo centro 'pancione' e minestrone non ci entriamo niente".
Quelli di Bonino, però, non sono gli unici distinguo. Il primo a conficcare sul cammino del centro alcuni paletti ben piantati è il leader di Azione, che inizia con il replicare via social a Berlusconi: "Parole da Re Sole. Andata: centro a voi e polo del buongoverno a noi".
Poi però ne ha anche per Toti, mettendolo in guardia: "All'Italia non serve il centro fritto misto, con Di Maio e Mastella, né la politica dei due forni". Per Calenda l'area di centro "è un cantiere aperto, dobbiamo fare massa critica ma lo dico con franchezza: non vi mettete in mezzo a politicanti che non aggiungono valore, no alle vecchie scorie di centro: noi non siamo il centro ma la rivoluzione del pragmatismo, se avrete la nettezza di dire che non funziona il tutti dentro, ma che invece devono stare insieme persone pragmatiche e serie, allora avremo un successo insperato, se al contrario dite che e' un cantiere aperto a tutti vi annacquate in un indefinito che non porterà un voto".
L'ex ministro invita quindi Toti alla sua di convention, la costituente di settembre. E il governatore ligure accetta sì l'invito, ma non accetta 'steccati': "Saremo nettissimi, essere moderati non vuol dire essere molli, ondivaghi, incerti. Noi abbiamo convinzioni solidissime che non ci impediscono però di dialogare con tante persone".
Poi è la volta del renziano Rosato avanzare distinguo: innanzitutto, spiega dal palco, "serve la capacità di una più forte collaborazione". Quindi Rosato puntualizza: "Non è qui che oggi nasce il centro, evitiamo di fare dieci costituenti del centro".
Piuttosto, "cerchiamo di mettere insieme le energie che abbiamo, che sono molte di più della somma dei singoli partiti. Ognuno porta il suo pezzo ma" la costruizione dell'area di centro "passa necessariamente per un progetto". Toti non si tira indietro, accetta la sfida e controreplica: "Partiamo dai temi, non dalle persone, altrimenti è più gossip che politica, il nostro è un dialogo che parte dai fatti e dai progetti non dal gioco delle coppie".
Avvertendo che se si vuole costruire quest'area, non si può non affrontare il tema della riforma elettorale (liquidato invece dal presidente di Italia viva), altrimenti "avremo ancora le maggioranze variabili". Anche Clemente Mastella è pronto a dare un contributo alla costruzione del centro, ma non a tutti i costi. Che, tradotto, significa non con il 'pariolino' Calenda.
Il sindaco di Benevento sale sul palco e si toglie qualche sassolino dalle scarpe, premettendo di non parlare per interesse personale, perché "io mi tiro fuori, non ho intenzione di candidarmi alle politiche". Detto questo, "la strategia del 'pariolino' non mi convince perché non porta da nessuna parte". Ma per il momento Toti preferisce guardare all'avvio del cammino, "siamo partiti davvero, ora dobbiamo andare avanti", citando nel suo personale Pantheon Gandhi, poi la "lunga marcia di Mao", infine, il Profeta Isaia.