AGI - È a Palermo che si accende la campagna elettorale delle amministrative. Accade sul tema del voto mafioso, riemerso con forza dopo le celebrazioni del trentennale della strage di Capaci, alle quali non ha partecipato il candidato sindaco del centrodestra, Roberto Lagalla. "Sono stato costretto a prendere questa decisione per evitare che qualche facinoroso, sensibile al fascino di certe feroci parole, potesse macchiare uno dei momenti simbolici più importanti della nostra città", ha spiegato Lagalla in quella occasione.
Parole che tornano, con Lagalla a denunciare un clima d'odio alimentato dalle polemiche che arrivano da sinistra, nei suoi confronti. Enrico Letta gli chiede di rifiutare con nettezza il voto mafioso, Lagalla risponde ricordando di averlo già fatto in passato. Ma il botta e risposta non si placa.
Il numero due del Pd, Peppe Provenzano, sottolinea: "A Lagalla abbiamo chiesto qualcosa di molto preciso: prendere le distanze da Dell'Utri e Cuffaro. Dire non solo che non si accettano i voti della mafia, e ci mancherebbe. Ma nemmeno il sostegno di chi è stato condannato per concorso esterno o per aver favorito un mafioso. Aspettiamo ancora", aggiunge il vice segretario Pd.
Toni che segnalano l'importanza della sfida sull'Isola. Così come la segnala la presenza di Letta, oggi a Messina. "Gli occhi di tigre", torna a chiedere ai suoi un segretario in versione Apollo Creed. Una citazione che il leader dem aveva rispolverato nel corso della direzione nazionale del 16 aprile scorso, quando il 'nodo' Palermo era ancora tutto da sbrogliare.
A distanza di un mese e mezzo, e con Franco Miceli in campo, le fila dem si trovano a contrastare un centrodestra schierato con Roberto Lagalla, ma tutt'altro che compatto. I colpi di fioretto fra gli schieramenti che partecipano alla coalizione, vedi l'intervista con cui Ignazio La Russa ha paventato una "fusione" Lega-FI in chiave anti Meloni, restituiscono l'immagine di una "Armata Brancaleone", come definita dai vertici dem.
Se fino a un mese fa una vittoria del centrosinistra a Palermo era ancora vista come una "missione impossibile", oggi l'impresa sembra più alla portata. Merito del lavoro fatto sui territori, che ha portato a rinsaldare l'asse con un M5s che nell'isola gode ancora di un consenso importante.
Su questo schema i dem intendono preparare anche le regionali siciliane in autunno, con la candidatura da scegliere attraverso le primarie di coalizione. Letta conferma che lo strumento principe del Pd è lì a disposizione, nel caso ce ne fosse bisogno. Il colloquio della scorsa settimana con Giuseppe Conte - con il quale i contatti del segretario dem sono continui - è stato solo l'apertura del dossier.
Si è parlato di regole e degli sturmenti attraverso i quali celebrare le eventuali consultazioni. Il primo nodo è rappresentato dai requisiti: parteciperanno solo iscritti o anche elettori e simpatizzanti? Quasi scontato che si riproporrà il modello delle primarie ibride viste a Roma, con il voto sia in presenza che da remoto.
Primarie o no, per Letta si riuscirà a decidere insieme. La direzione regionale del Pd "ha approvato il regolamento", ricorda Letta. "Restano ancora alcuni punti aperti, ma in ogni caso il tavolo politico sta operando bene e con spirito costruttivo. A Palermo e Messina, il Pd ha invitato il M5S a presentare una propria candidatura e siamo riusciti a trovare un accordo su due nomi condivisi. E' la linea seguita in questi mesi anche dal Movimento 5 Stelle a indicare che c'è la possibilità di scegliere insieme il candidato presidente della Regione".
In alto mare sul candidato per la presidenza della Regione Siciliana è anche il centrodestra. Tanto che, a chi le chiede quale sarà il candidato per la Lombardia, Giorgia Meloni ribatte: "Qui non si riesce a parlare di Sicilia, dove si vota fra due mesi, e vogliamo parlare di Lombardia? Una cosa per volta".
Questo, tuttavia, ribadendo la "lealtà" nei confronti del presidente lombardo uscente, Attilio Fontana. In ogni caso, la presidente di Fratelli d'Italia non vede ragione per non ricandidare nello Musumeci. Una prospettiva che, però, non sembra convincere i vertici locali di Lega e Forza Italia che hanno chiesto e ottenuto un rinvio della discussione a dopo il voto del 12 giugno, quando si conosceranno i risulttai di Messina e Palermo.
In Lombardia è in alto mare anche il Pd e, con esso, tutto il centrosinistra. Il sindaco di Milano Beppe Sala ha ribadito a più riprese di non volersi candidare. I nomi che si fanno nel Pd vanno dall'attuale sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, a Carlo Cottarelli. L'auspicio di Letta è che lo spirito di confronto che si è stabilito in Sicilia con i Cinque Stelle possa rivedersi anche in Lombardia, magari con un ulteriore allargamento a +Europa e Azione.
Da Carlo Calenda arriva una timida apertura, ma il leader di Azione ribadisce ancora che con i Cinque Stelle è difficile confrontarsi su cose concrete. "Noi facciamo politica, non plemiche", ribatte Giuseppe Conte da Verona, dove si è recato per sostenere il candidato sindaco Damiano Tommasi.
"Ci crediamo molto, perché è un progetto politico molto serio", dice Conte parlando del tentativo di contrastare l'egemonia del centordestra nella città di Giulietta e Romeo. Una corsa difficile, quella dell'ex giocatore della Roma, che dovra' vedersela con un peso massimo come l'ex leghista Flavio Tosi, sostenuto anche da Matteo Renzi, e dal candidato di centrodestra Federico Sboarina.
I sondaggi, in ogni caso, sembrano al momento sorridere a Tommasi, tanto che Enrico Letta, incontrandolo sabato, ha avuto "la vaga impressione che questa sara' una bella avventura. C'è lo spirito giusto. abbiamo trovato la chiave e il candidato giusto, Damiano Tommasi, al quale diamo un grande incoraggiamento".