AGI - A una settimana dall'informativa del presidente del Consiglio Mario Draghi in Parlamento e nel day after del viaggio in Usa, il nodo dell'invio di nuove armi all'Ucraina e, più in generale, della linea italiana sul conflitto continuano a far fibrillare la maggioranza.
Con i 5 stelle che insistono sulla necessità che le Camere si esprimano con un voto. Voto al momento non previsto e nemmeno così scontato a fine mese, come auspicano i 5 stelle, quando si riunirà un Consiglio Ue straordinario: le comunicazioni in Aula del premier, con successivo voto sulle risoluzioni, infatti, sono automatiche solo per i Consigli ordinari, non altrettanto per quelli straordinari.
Dunque, il tema del voto è destinato a tenere banco per altre settimane. "Draghi svolgerà un'informativa giovedì prossimo, prima al Senato e poi alle 11,30 a Montecitorio. Per ora è questo, poi vedremo se sarà anche altro", ha detto il presidente della Camera Roberto Fico a domanda diretta dei giornalisti sulla richiesta di un voto in Parlamento.
È la prima volta che Fico affronta la questione, con parol e che di fatto non sconfessano la linea di Conte. Contraria all'invio di altre armi anche la Lega, ma il leader Matteo Salvini dice di "non essere d'accordo con l'alzare i toni, noi non siamo in guerra con nessuno ma credo che sia interesse di tutti, in primis dell'Ucraina, spegnere il fuoco".
E riconosce a Draghi di aver "parlato di pace, non so se con Biden abbiano parlato anche di armi, ne parleremo insieme". Il leader leghista fa poi sapere di aver chiesto un nuovo incontro al premier, per fare il punto dopo il faccia a faccia con il presidente americano. Quanto all'urgenza di un dibattito parlamentare, questione posta da Conte, replica lapidario: "Per me l'urgenza è la pace".
Sul nodo tenta di far chiarezza il costituzionalista dem Stefano Ceccanti: "Non ci sarà nessun voto sull'imminente decreto interministeriale di aiuto alla legittima difesa dell'Ucraina perché sono ancora pienamente vigenti come fondamento giuridico e politico fino al prossimo 31 dicembre le risoluzioni molto puntuali votate alle Camere l'1 marzo scorso che prevedono anche 'la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione'".
Un voto ci sarà ma, aggiunge, sarà sull'adesione di Finlandia e Svezia nella Nato: "Il Parlamento italiano sarà chiamato a breve a votare due leggi di ratifica ed esecuzione dei rispettivi Protocolli di adesione. Dovrà farlo in tempi necessariamente brevi per non lasciare i due Paesi in un limbo", conclude Ceccanti.
Che un nuovo voto non sia necessario lo sostiene anche il senatore Pd Andrea Marcucci: "Non temo nuove polemiche sulle armi, neanche quando Draghi verrà in Parlamento la prossima settimana. I continui distinguo di Lega e M5s guardano solo ai sondaggi, ma sulla questione del sostegno militare all'Ucraina l'Aula si è già espressa in modo eloquente".
Non la pensa così Stefano Fassina di Leu, secondo il quale "l'informativa di Draghi non basta. Sono necessarie le comunicazioni del premier affinché le Camere possano riesprimersi con un voto sull'invio delle armi".
Caustico il giudizio di Matteo Renzi: "No alle armi. Chi lo dice? Quel presidente del Consiglio, Conte, che ha aumentato le spese per le armi più di altri", ricorda il leader di Italia viva.
"Il tentativo di logoramento che Conte e il M5s stanno mettendo in campo contro il presidente Draghi per cercare di recuperare qualche decimale nei sondaggi è veramente vergognoso", rincara il presidente del partito Ettore Rosato, che sottolinea: "Il governo sta facendo esattamente quello che gli abbiamo chiesto, con voto praticamente unanime il 1 marzo, compresa la spedizione degli armamenti. E lo sta facendo anche bene, non serve votare nuovamente nulla. Conte si metta l'anima in pace".