AGI - Una ventina di posti vuoti in un'Aula che promette di essere all'altezza delle grandi occasioni.
La vigilia del discorso di Volodymyr Zelensky al Parlamento è condita dalle polemiche sulle defezioni, reali o presunte, dei deputati e dei senatori indicati da alcuni come filorussi.
"Non penso ci siano istanze pro Russia", prova a minimizzare il presidente della Camera ed esponente M5s, Roberto Fico: "Non si tratta dei gruppi, ma di voci isolate".
E sulla richiesta arrivata da alcuni parlamentari, Fico taglia corto: "L'idea non esiste, non è da commentare".
Che il malumore sia diffuso lo dimostra anche il voto della scorsa settimana alla Camera sul decreto Ucraina che prevede anche l'invio di armi, dove si sono registrate numerose assenze: 367 i sì, 25 no e 5 astensioni, con soli 392 votanti, in missione 78, mentre non hanno partecipato al voto pur non risultando in missione 22 deputati di Forza Italia, 37 della Lega, 28 di M5s, 21 del Pd, 23 del Misto.
Le defezioni 'colpiscono' in maniera bipartisan gli schieramenti e vedono affiancati parlamentari di centrodestra e di centrosinistra, soprattutto di Lega e M5s. E non è un caso che i commenti facciano riferimento alle alleanze, presenti e futuro, e alla necessità che esse prendano in considerazione anche la sensibilità rispetto alla crisi ucraina.
"Altro che campo largo", commenta ad esempio il presidente di Azione Matteo Richetti.
Confermando la sua presenza in Aula domani e sottolineando la necessità che ci si concentri sul messaggio del presidente ucraino anziché dare spazio alle polemiche sulle defezioni, Richetti torna sulla necessità di "lavorare per ridurre la rappresentanza di sovranisti e populisti".
Un riferimento al campo largo che è anche un messaggio indiretto al Pd e a Enrico Letta.
Il segretario dem, ormai da mesi, è al lavoro per la costruzione di un sistema di alleanze che comprenda anche il M5s.
Un lavoro che continua anche in vista delle elezioni amministrative di primavera, ma che rischia di essere complicato dalle prese di posizione all'interno dei Cinque stelle.
Anche perché proprio Letta si è fatto capofila, con il suo intervento in Aula il primo marzo, del partito della 'non-equidistanza'.
Ovvero, della condanna più netta all'aggressione russa. Al contrario, proprio fra i Cinque Stelle si registra un alto numero di critici rispetto alla scelta di far parlare Zelensky alla Camera.
Nonostante questo, dal Pd sono molte le sollecitazioni che arrivano perché i parlamentari siano presenti domani al gran completo: la deputata dem Alessia Rotta, ad esempio, sottolinea che "è molto grave che alcuni parlamentari non parteciperanno al video collegamento di Zelensky perché certificano una vicinanza politica a chi sta devastando l'Ucraina e mettendo a rischio la sicurezza globale".
Dura anche la presidente della Commissione Lavoro, Romina Mura: "I criminali responsabili della peggiore sciagura umanitaria in Europa dalla Seconda guerra mondiale non trovino sostenitori nel Parlamento italiano. Auspico che saranno sempre meno i colleghi parlamentari capaci di rimanere silenti o ambigui di fronte alla guerra di Putin, che minaccia l'intera Europa, inclusa l'Italia".
E il senatore dem Andrea Marcucci rileva una affinità fra chi annuncia la sua assenza domani e quanto avviente nel Parlamento francese: "Un gruppo di parlamentari, tra Lega e M5S, ha annunciato in pompa magna che non parteciperà al video collegamento di Zelensky domani alla Camera. La stessa cosa farà mercoledì in Francia Marine Le Pen. Ogni commento sulla matrice politica di tali assenze sarebbe superfluo".
Per questa ragione la vice presidente dei senatori di Italia Viva, Laura Garavini, attacca duramente i vertici Cinque Stelle: "Trovo insopportabili i silenzi del ministro degli Esteri e del leader del M5S Conte".
Il leader M5s si era soffermato sulla vicenda durante una intervista: "L'uscita su ospitare" dopo Zelensky "anche l'intervento di Putin" al Parlamento italiano "è una sciocchezza, la declassifichiamo a una sciocchezza", aveva sottolineato Conte in merito all'ipotesi avanzata da alcuni parlamentari pentastellati.
Quanto ai malumori interni, "abbiamo 230 parlamentari ed è chiaro che su decisioni complesse e sofferte come" quella di inviare armi all'Ucraina, "sicuramente ci sono varieta' di accento, ma la linea M5s è unitaria quindi non c'è da discutere: quasi tutti i parlamentari sono d'accordo, eccetto qualcuno che ne ha fatto una linea personale, qualche accento personale", aveva precisato l'ex premier.
Tuttavia per Ivan Scalfarotto, sottosegretario Iv, "il livello di subordinazione alla propaganda russa da parte di alcuni parlamentari va oltre ogni ragionevolezza.
Trovo intollerabile che alcuni parlamentari del M5S e della Lega dicano che dobbiamo ascoltare in parlamento anche Putin".
Le prese di posizione contro l'intervento di Zelensky al Parlamento, riaccendono i riflettori sui rapporti fra ambienti parlamentari e la Russia, in particolare nella fase più acuta dell'emergenza Covid.
Garavini chiede "la revoca delle onorificenze ad Alexei Paramonov", colui che ha attaccato duramente il ministro della Difesa Guerini definendolo un "falco anti russo".
Paramonov, nella sua invettiva, ha ricordato anche gli aiuti offerti dalla Russia all'Italia nel momento peggiore, quando i camion dell'esercito lasciavano Bergamo carichi di bare. In quei giorni, gli aiuti russi arrivarono con aerei cargo carichi di mezzi e di soldati, in virtù di un accordo fra Roma e Mosca.
Lo ricorda anche Matteo Renzi che, nella sua Enews, torna a chiedere una commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza: "Quanto alle polemiche russe sull'arrivo dei soldati da Mosca, voluto da un accordo tra Putin e Conte", scrive Renzi, "continuo a non capire perché sulla gestione della pandemia Covid si rifiuti di fare una commissione parlamentare d'inchiesta che sarebbe molto utile per fare chiarezza".