AGI - Il “congelamento” della politica italiana seguìto all’invasione russa dell’Ucraina prosegue. Non ci riferiamo all’attività di governo e parlamento o alle iniziative dei partiti (è di ieri il Question Time del premier Draghi alla Camera, mentre si moltiplicano le manifestazioni organizzate e/o partecipate da leader ed esponenti di vari partiti). Il congelamento riguarda invece i movimenti relativi alle intenzioni di voto, che sembrano essere immobili dall’inizio del conflitto, in assenza di un dibattito pubblico quotidiano sulle questioni divisive “tradizionali”.
Così, dopo 14 giorni e 8 nuovi sondaggi pubblicati, in prima posizione troviamo sempre il Partito Democratico con il 21,5% delle preferenze, seguito da Fratelli d’Italia al 20,3%. Terzo partito, con un ritardo di 3 punti dall’alleato/competitor di centrodestra, è la Lega (17,2%) mentre il Movimento 5 Stelle arretra ancora, leggermente (-0,2%) ma quanto basta a stabilire un nuovo record negativo per l’attuale legislatura: 13,8%.
Vanno un po’ meglio i partiti “intermedi” (come peso, ma anche come posizionamento politico): Forza Italia, con l’8,5%, fa segnare il suo miglior dato dalle Europee 2019, mentre la federazione tra Azione e Più Europa arriva a sfiorare il 5%. Da segnalare il momento non particolarmente felice per le due liste di sinistra, Articolo 1-MDP e Sinistra Italiana, entrambe sotto il 2%. Nel complesso, per l’area a sinistra del PD (l’ex LeU per intenderci) non è un dato pessimo; ma la divisione tra le due liste rende complicato immaginare una prospettiva elettorale di successo, a meno di una riforma che modifichi la soglia di sbarramento dell’attuale sistema di voto (3%).
Se si prendono in considerazione le aggregazioni (intese come coalizioni elettorali) delle ultime elezioni politiche, si nota bene come in questi 4 anni, da quando è iniziata la legislatura, l’area di centrosinistra “tradizionale” abbia progressivamente eroso consensi al M5S, che aveva già subito un grosso smottamento verso il centrodestra a cavallo tra il 2018 e il 2019, perdendo elettori che non ha più recuperato una volta formato il governo Conte II con il PD.
Ma, come abbiamo anticipato, la stretta attualità con cui abbiamo a che fare oggi non facilita movimenti e dinamiche di tipo posizionale/ideologico. Lo abbiamo visto già nelle scorse settimane, registrando un orientamento pressoché unanime da parte degli italiani sulle valutazioni relative alla guerra scatenata da Putin. E lo vediamo anche oggi, constatando il “picconamento” di quello che negli anni scorsi pareva essere diventato uno dei principali assi (se non il principale asse) della politica italiana: europeismo versus anti-europeismo.
Come già avvenuto per certi versi durante l’emergenza Covid, la guerra in Ucraina sta infatti spingendo i governi europei (e gli stessi cittadini) verso la ricerca di una maggiore unità, per poter meglio fare i conti con i problemi che nessun paese, da solo, potrebbe affrontare efficacemente. Secondo l’ultimo sondaggio SWG, quasi 2 italiani su 3 condividono l’idea che nella questione bellica l’Unione Europea debba agire in modo unitario, senza lasciare spazio ai distinguo dei singoli stati membri.
L’orientamento – come prevedibile, e come spesso avviene anche su altre questioni – non è uniforme su tutto lo spettro politico: a condividere questa visione “unitaria” sono in modo più marcato gli elettori di centrosinistra (90% degli elettori PD), mentre a destra è molto meno condivisa, ma – ed è questa la novità – comunque maggioritaria, superando il 50% sia tra gli elettori leghisti che tra quelli di FDI. Ancora più indicativo è poi il dato relativo all’ipotesi della creazione di un esercito europeo, idea sul tavolo da molti anni ma che fatica a trovare concreta attuazione per le resistenze dei singoli stati membri: ad oggi, secondo SWG, questa ipotesi piace al 57% degli italiani, più del doppio rispetto a quanti (27%) non la condividono. Degno di nota è anche il fatto che rispetto al 2019 la quota di favorevoli sia cresciuta di ben 11 punti percentuali.
L’opinione pubblica si sta spostando velocemente, quindi, e non solo in Italia. Come abbiamo visto la scorsa settimana, la guerra impone ai cittadini di ripensare rapidamente le proprie priorità (e quindi la propria posizione) su molti temi. E questo si vede bene, ad esempio, in Germania, paese che fin dalla fine della Seconda guerra mondiale aveva investito ben poco nelle proprie forze armate, e che ha invece recentemente aumentato la propria di investimenti nella difesa fino al 2% del proprio PIL (come da anni richiesto, finora senza successo, dagli Stati Uniti agli altri paesi alleati della NATO).
Un cambiamento che è stato accompagnato da un’evoluzione anche dell’opinione pubblica, se è vero che – come mostrano i dati dell’istituto Infratest Dimap – nel corso dell’ultimo mese i cittadini tedeschi favorevoli all’invio di materiale bellico all’Ucraina sono cresciuti drasticamente, passando dal 20% al 61%.
Sempre dall’estero (in questo caso dalla Francia) ci arriva un altro esempio lampante di quell’effetto “bandiera” (rally ‘round the flag) che abbiamo già visto all’opera nella stessa Ucraina. Nei sondaggi sulle intenzioni di voto per il primo turno delle elezioni presidenziali, Emmanuel Macron (che da pochi giorni ha annunciato di ricandidarsi e che si è esposto moltissimo nei negoziati con la Russia, sia prima che dopo l’invasione) negli ultimi giorni è salito velocemente fino a superare il 30%, migliorando nettamente il dato – ipotetico quanto si vuole, ma costante – degli ultimi mesi che lo vedeva intorno al 25%. Così, quando manca un mese esatto al primo turno delle presidenziali in Francia (che avranno luogo il prossimo 10 aprile), Macron può dire di avere quasi in tasca l’accesso al ballottaggio.
NOTA: La Supermedia YouTrend/Agi è una media ponderata dei sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto. La ponderazione odierna, che include sondaggi realizzati dal 24 febbraio al 9 marzo, è stata effettuata il giorno 10 marzo sulla base della consistenza campionaria, della data di realizzazione e del metodo di raccolta dei dati. I sondaggi considerati sono stati realizzati dagli istituti Demos (data di pubblicazione: 6 marzo), Ipsos (26 febbraio), Ixè (9 marzo), Noto (9 marzo), SWG (28 febbraio e 7 marzo) e Tecnè (26 febbraio e 5 marzo). La nota metodologica dettagliata di ciascun sondaggio considerato è disponibile sul sito ufficiale www.sondaggipoliticoelettorali.it.