AGI - Al campo largo, Carlo Calenda contrappone il "campo tosto". E su questo campo sfida gli amici Letta e Renzi a convergere, assieme a liberali e a Forza Italia. E' sul Risiko delle alleanze che si gioca il futuro del neonato "terzo polo", come lo chiama Calenda: "Oggi nasce il terzo polo del riformismo e della cultura di governo, dobbiamo costruire un'alternativa possibile al populismo e al sovranismo: il grande centro non esiste, esiste un'area pragmatica che contiene le grandi famiglie politiche europee".
Al momento, tuttavia, i soli interlocutori risultano essere quelli di Più Europa, con i quali è in piedi il progetto di federazione. Dopo Benedetto Della Vedova, al congresso si affacciano Emma Bonino e Riccardo Magi. Ma l'impatto è tutt'altro che formale o di routine. Magi si sofferma sulle parole usate da Calenda dopo il pronunciamento della Consulta sul referendum: "Calenda ha detto che se ci mettiamo a criticare anche la Corte chissà dove andremo a finire", ricorda il deputato di Più Europa: "Caro Carlo, se qualcuno ti mena ed è molto più grosso di te, e non ha ragione, rispondere non è un attacco ma una difesa. E non è una difesa dei promotori o di chi ha firmato per i referendum. E' una difesa della democrazia", aggiunge.
Bonino attacca duro sul "tasso di testosterone" che si respira in Azione, invita a "contare fino a dieci prima di parlare", e auspica una maggiore presenza di donne. Non un tanto al chilo, però, ma donne preparate e competenti. La risposta di Calenda non si fa attendere: "Ringrazio Bonino, ma c'è una cosa su cui non sono d'accordo: un terzo degli organi del partito è fatto da donne che sono lì, non perchè sono donne, ma perché sono assolute fuoriclasse".
Il braccio di ferro è, tuttavia, quello con Enrico Letta. Il segretario del Partito Democratico ha teso una mano al neo segretario di Azione dicendosi sicuro che nel 2023 i due partiti vinceranno e governeranno insieme.
Ma il campo largo al quale pensa Letta e che dovrebbe vedere insieme progressisti, liberali e riformisti. Categorie che tradotte in sigle significano: da Leu a Calenda, passando per M5s. Una sentiero stretto, che le dichiarazioni dei leader rende ad oggi impraticabile. A un Giuseppe Conte che parla di "accozzaglia" risponde Calenda che, per una volta, sembra dare ragione al leader M5s: "Questo campo largo è una accozzaglia". E il neo presidente di Azione, Matteo Richetti, rincara: "Non serve solo un campo largo, ma un campo chiaro. Conte denuncia che la nostra è una proposta di accozzaglia, ma è lui che per due volte ha cambiato idea sui decreti sicurezza. Le ambiguità non sono di Azione, ma di chi propone alleanze per vincere e poi non è in grado di governare". Campo largo, campo tosto: di fatto c'è che, per Calenda, M5s e FdI sono due tabù. Se Letta vuole, quindi, "venga lui nel nostro campo". Al segretario pd, Calenda no risparmia nulla, comprese le ospitate alle iniziative di Fratelli d'Italia. "Gridano al fascismo e poi Letta si presta alle scenette con Meloni, tipo Sandra e Raimondo".
La reazione dal Nazareno è laconica e si limita sostanzialmente a due parole: pazienza e costruzione. Il tempo della politica, d'altra parte, si espande e restringe a seconda delle circostanze e, al momento, le elezioni del 2023 appaiono lontane, viste le incognite in campo. Prima fra tutte la legge elettorale: lo scetticismo sul fatto che si riesca ad arrivare a una nuova legge elettorale rimane alto fra le forze politiche. Anche la senatrice Emma Bonino, arrivando al Palazzo delle Esposizioni, confida: "Per me, non ne faranno nulla". Nel caso si andasse al voto con il Rosatellum, le probabilità di ritrovarsi ancora senza vincitori nè vinti sarebbero alte e il modello di governo Ursula potrebbe mostrare una sua utilità, magari con Mario Draghi ancora in plancia di comando.