AGI - In inglese la chiamano "short list", ad presupporre una prima scrematura che sarebbe già avvenuta a monte. Ma la novità allora è duplice: quella presentata oggi dal centrodestra è la prima terna che appare nella storia delle elezioni per il Quirinale e, al contempo, non si tratterebbe di una terna, giacché appena l'hanno presentata subito qualcuno ha aggiunto un paio di nomi. E tre più due fa cinque, e short questa lista non lo è più.
Insomma, il nome nella rosa non c'è, forse, almeno quello giusto, e tutto riprende allora come se nulla fosse stato, e i tre sono una rosa; ma una rosa di soli tre petali, in effetti, non s'è mai vista. Così la scrematura lascia il posto all'aggiunta. Terna, del resto, è nome che sa di giudizio, ma non giudizio dato bensì ancora da dare: la terna, per intenderci, una volta era arbitrale e guai a sgarrare: Lo Bello e Michelotti prendevano letteralmente a cazzotti. Ora che c'è il Var, il quarto uomo e tutto il resto ci saranno sì meno errori, ma anche meno autorevolezza. L'aggiunta non sempre aiuta, non sempre garantisce la qualità o la chiarezza.
Sì, perché uno alla fine dovrà pure decidere, se è vero che Santa Romana Chiesa alla terna fa spesso ricorso, ma poi è il Papa che dei tre petali ne coglie uno solo. È così che si usa per scegliere i vertici della Chiesa italiana, di cui il Pontefice è primate anche se viene dall'Argentina o dalla Germania, ma anche i titolari delle diocesi più importanti.
E se lo fa la Chiesa, vuol dire che il sistema è sicuro più di una terna al totocalcio. Ma poi, a guardar bene, le polemiche post factum ci sono anche là, Oltretevere. C'è gente che non si contenta mai. Non sarà un caso, magari, che l'italiano nasca proprio con la Rosa, e già con la polemica: "Rosa fresca aulentissima", sussurrava Cielo D'Alcamo dei poeti siciliani.
Inneggiava alla leggiadria della scelta, Cielo, ma il poema intanto lo intitolava, per non saper né leggere né scrivere, "Il Contrasto". E se in quegli anni si componeva, in ottosillabi ritmati, anche il Romanzo della Rosa, quale fosse il nome di quest'ultima per l'appunto non lo si rivelava, se è questa (e questa è) l'origine del giallo di Guglielmo di Baskerville. Eccoti la rosa, disse Bettino a chi stava al Quirinale in quegli anni. Era il 1992: a fare il Presidente del Consiglio toccava a lui (o almeno lui ne era convinto), ma un mese prima avevano beccato un tal Mario Chiesa con sette milioni di lire letteralmente nelle mutande e la faccenda si era complicata.
Accettò di farsi da parte, Craxi, solo dopo che Scalfaro gli suggerì suadente di dargli una rosa di tre nomi per Palazzo Chigi. Una terna a lui gradita, che lui fornì con una chiosa. "Scegliete tra Amato, De Michelis e Martelli", scandì con fare decisionista, aggiungendo subito: "Non necessariamente in ordine alfabetico". Scalfaro, che aveva già capito cosa si preparava di lì a qualche mese, usò invece l'abbecedario. Nacque così, a dispetto dell'alfabeto e di chi lo voleva applicare all'alta politica, il primo governo Amato.
Beh, a guardar bene una Rosa nella storia della corsa al Colle, a dir la verità, c'è stata. Ma era una Rosa solitaria: amata e stimata sì, ma solo fino a un certo punto. Eppure aveva tutte le caratteristiche: oltre al nome il curriculum e persino l'appartenenza politica. Era donna, era ministro dell'interno, era capace ed era pure di centrosinistra. Ma era anche lì nel momento sbagliato, vale a dire nel maggio del 1999. Se ne parlò, di Rosa Iervolino Russo, per il Colle. Ma poi si preferì andare sul sicuro, perché con Ciampi si poteva aspirare di avere il Presidente della Repubblica a botta secca, come in effetti fu. Lei non dava questa garanzia e noi siamo ancora lì ad aspettare un presidente che provenga dall'altra metà dell'emiciclo.