AGI - Posti di lavoro e infrastrutture strategiche per il Paese: sono queste le due fonti di preoccupazione maggiore che il Partito Democratico ricava dal dossier Tim. E l'incontro con i sindacati non ha fatto altro che confermare i timori dello stato maggiore dem.
Un confronto durato due ore per fare il punto su quanto sta accadendo all'azienda dopo l'interessamento del fondo Kkr. Attorno al tavolo, con il segretario Enrico Letta, il vice segretario Peppe Provenzano e il Responsabile Economia Pd, Antonio Misiani, ci sono i rappresentanti di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil.
Il segretario considera Tim "un asset fondamentale del Paese" soprattutto in vista delle "missioni contenute nel piano di ripartenza e resilienza".
Stando a quanto riferito dalle parti sociali, il leader dem "ha espresso che la posizione del Pd è orientata prioritariamente alla difesa dell'occupazione, a individuare soluzioni per la difesa degli asset strategici per la sicurezza nazionale e per lo sviluppo delle infrastrutture, azione fondamentale per raggiungere gli obiettivi relativi alla diffusione omogenea della banda ultra larga".
Il segretario del Pd "ha assicurato di voler seguire attentamente questa complessa operazione industriale e in stretto contatto con le organizzazioni sindacali confederali, sollecitando il Governo, attraverso gli organismi parlamentari, a ricercare soluzioni nell'interesse del Paese".
Per Letta, "questo non è il momento di soffermarsi su operazioni finanziarie o semplicemente cambi di governance, bisogna agire sulle strategie di politica industriale per superare le asimmetrie con gli altri Paesi europei (Francia Germania, Spagna) dove sulle telecomunicazioni lo Stato è un attore primario e dove non può decidere il solo mercato", riferiscono ancora i sindacati.
Sul fondo Kkr, infine, "non ci sono pregiudiziali, bisogna partire dalle garanzie occupazionali, salvaguardia degli asset strategici e del patrimonio aziendale". Una impostazione condivisa dai segretari generali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil che, "ringraziando Letta per la disponibilità al confronto" hanno chiesto "garanzie per il rispetto degli accordi sottoscritti sul contratto di espansione e nuova occupazione, sulla continuità operativa dell'azienda e sulla necessità di un confronto tra Governo e organizzazioni sindacali non piu' rinviabile".
Una posizione, quella dei dem, confermata dal vice segretario, Giuseppe Provenzano. E' l'ex ministro per il Sud a sottolineare la necessità di "valutare senza pregiudizi l'offerta del fondo americano", chiedendo "precise garanzie a salvaguardia dell'occupazione degli asset strategici della sicurezza nazionale e del patrimonio industriale dell'azienda.
Le sfide della digitalizzazione hanno bisogno di un grande operatore nazionale, ne abbiamo parlato oggi con i sindacati e chiediamo al governo di ascoltarli perché è in gioco il futuro di 40 mila lavoratori", spiega ancora Provenzano. Una posizione che non piace a Fratelli d'Italia. Con una nota, Giorgia Meloni attacca i dem, ma anche Carlo Calenda, definendoli "portavoce di Macron e dell'Eliseo", dando "uno squallido spettacolo di partigianeria pro Macron".
Per Meloni, "Letta e Calenda entrano a gamba tesa nella trattativa, con il rischio di alterare le regole del libero mercato, auspicando una soluzione in favore del fondo americano e accusando l’attuale azionista di riferimento di Tim, Vincent Bollorè, di essere un pericolo per le sue presunte simpatie politiche per Eric Zemmour", aggiunge Meloni.
Un riferimento a quanto detto dai due leader durante il loro intervento alla Festa dell'Ottimismo organizzata da Il Foglio: "Telecom è la Montedison dei nostri giorni, cambia continuamente assetto societario e alla fine il business va a carte quarantotto. Io sono favorevole a Kkr, penso che avranno una gestione meno politicizzata di Bolloré, basta vedere come sono cambiati i fornitori con lui", attacca Calenda.
Il segretario Pd aveva, invece, spiegato che "La preoccupazione per una Tim in mano a stranieri - spiega Letta - deve essere a tutto tondo. Non è un finanziere come gli altri, ma il principale sostenitore di Erich Zemmour, che è divenuto protagonista nella politica francese con un profilo inquietante. In Vivendi, mi domando, come convivono con questo conflitto di interessi? Bolloré cosa vuole dall'Italia? È più che un sostenitore di Zemmour: ha creato una televisione il cui principale protagonista è lui".