AGI - 'Fuoco amico' sulla nuova ordinanza del presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, che impone una stretta alle misure anti-Covid per scongiurare la zona gialla. Contro il provvedimento del governatore siciliano si sono schierati prima FdI e poi anche la Lega.
L'ordinanza prevede una ricognizione della popolazione non vaccinata, sedi fisse di vaccinazione nei Comuni con meno del 60 per cento di vaccinati, obbligo di uso della mascherina all'aperto se in luoghi affollati, divieto di accesso negli uffici pubblici se privi di green pass. E, ancora, obbligo di tampone per partecipare a cerimonie se non si è completato il ciclo vaccinale e tampone obbligatorio anche per chi arriva dagli Usa. Fino al 23 agosto istituita la 'zona ad alto rischio' a Rosolini, in provincia di Siracusa. "Oltre il novanta per cento dei ricoverati in terapia intensiva - sottolinea Musumeci - riguarda persone non vaccinate, numeri altissimi anche nei reparti di degenza ordinaria".
Contro l'ordinanza che resterà in vigore fino al 31 agosto è arrivata per prima la reazione di Fratelli d'Italia. "Pur condividendo appieno la finalità di fronteggiare l'avanzata dei contagi da Covid-19, invitiamo il presidente della Regione a specificare più chiaramente, e se necessario anche rivedere, alcune delle misure previste al fine di rendere più efficaci e certe le loro attuazioni".
Così si è espressa in una nota la segreteria regionale di FdI e il gruppo parlamentare all'Ars sottolineando che, in particolare, "vanno chiarite le disposizioni sugli uffici pubblici che limitano gli accessi solo a chi possiede il green pass e la stessa definizione di ufficio pubblico". Secondo FdI con queste disposizioni si corre il rischio "di creare più disagi e confusione che concreti benefici nella sacrosanta lotta al Covid e alla condivisa necessità di una vaccinazione sempre più diffusa tra i cittadini a garanzia di tutti" per cui si confida nella sensibilità del presidente Musumeci che come noi vuole fermare il contagio con misure idonee e concretamente efficaci, senza aggiungere altre incertezze applicative che generano, purtroppo, la sensazione di iniziative discriminatorie".
Poco dopo è arrivata la Lega che ha definito il provvedimento "un atto che sembra frutto di improvvisazione e che rischia di aggravare la già grave situazione". I deputati regionali della Lega criticano l'ordinanza di Musumeci in quanto "appare ampiamente inapplicabile, oltre che per altri versi illogica e nel suo complesso pericolosa". Innanzitutto il divieto di accesso agli edifici pubblici (a partire proprio da quelli regionali) per chi non ha il Green pass - argomentano - "è del tutto inattuabile, visto che gli enti pubblici (a partire dalla Regione) non sono attrezzati per i controlli, ma appare per altro del tutto illegale quando impatta su quegli uffici (siano essi comunali, giudiziari, regionali o della pubblica sicurezza) dove la presenza fisica è indispensabile per la fruizione dei servizi".
Per non parlare del fatto, secondo la Lega, che molti enti (a partire dalla Regione) "non sono attrezzati per fornire ai propri cittadini utenti tutti i servizi in modalità telematica". Insomma, un provvedimento "pasticciato sotto il profilo amministrativo". Molti problemi solleva poi l'obbligo di pagamento per i tamponi finalizzati al Green pass, che "non ha alcun fondamento giuridico e appare ancor di più anomalo nel momento in cui la sanità pubblica - come testimoniato dalla immediata chiusura o riduzione dell'attività dei Drive-in - non è in grado di assicurare il servizio".
Concludono i deputati della Lega: "Pur condividendo le preoccupazioni sull'andamento dell'epidemia, non possiamo che preoccuparci per le soluzioni proposte dal governo regionale, che rischiano di aggravare la situazione e che sembrano figlie di un'approssimazione inaccettabile".
Non si è fatta attendere, in serata, la presa di posizione in difesa del provvedimento. "I fatti parlano chiaro, in Sicilia come nel resto d’Italia: il 92 per cento dei ricoverati per Covid- 19 sono non vaccinati e i contagi in continua e netta risalita. L’ultima ordinanza del presidente Nello Musumeci prende atto di tutto ciò e giustamente introduce ulteriori misure a tutela della salute dei siciliani e per cercare di scongiurare un eventuale lockdown che sarebbe deleterio per il comparto produttivo. La libera scelta di sottoporsi o no al vaccino, infatti, non deve mai farci dimenticare che la nostra libertà finisce dove inizia il diritto alla salute degli altri".
Così Alessandro Aricò, capogruppo all'Ars di DiventeràBellissima, formazione del governare, dopo le critiche di Lega e FdI, che ha aggiunto: "Il green pass è stato concepito dal governo nazionale proprio con l’obiettivo di garantire il progressivo ritorno alla normalità con il minor rischio possibile di contagi, è nella sua stessa natura favorire chi si vaccina rispetto a chi non si vaccina. Il provvedimento emanato dal presidente della Regione va nella direzione di incentivare il ricorso alle vaccinazioni e ciò è sacrosanto, a costo di essere per alcuni impopolare e di prestare il fianco ad attacchi politici scomposti e ipocriti, finalizzati solo alla ricerca di consenso elettorale. Noi siamo convintamente al fianco di Nello Musumeci e sosteniamo con forza la gestione dell’emergenza Covid-19 del governo regionale e dell’assessorato alla Salute guidato da Ruggero Razza".
Il Garante della Privacy chiede chiarimenti
E sul divieto di ingresso negli uffici pubblici a chi non è in possesso del Green pass è intervenuto anche il Garlate della Privacy che ha inviato una lettera con richiesta di chiarimenti alla Regione Siciliana e con l'invito a sospendere "l'efficacia di tali misure nell’ipotesi in cui siano già state messe in atto".
"Le misure di sanità pubblica che implichino il trattamento di dati personali - ricorda l’Autorità - ricadono nelle materie assoggettate alla riserva di legge statale e, pertanto, non possono essere introdotte con un’ordinanza regionale, ma solo attraverso una disposizione di rango primario, previo parere del Garante.
Non risulta, inoltre, che i più recenti interventi normativi in tema di certificazioni verdi abbiano imposto l’esibizione di tali documenti per l’accesso dell’utenza agli uffici pubblici o similari, per cui il loro utilizzo per finalità ulteriori e con modalità difformi rispetto a quanto previsto dalla legge statale creerebbe una evidente disparità di trattamento a livello territoriale".