AGI - Regge l'intesa faticosamente raggiunta tra il governo e le forze di maggioranza sulle modifiche da apportare al testo della riforma del processo penale. La commissione Giustizia della Camera ha infatti licenziato il ddl delega, approvando solo gli emendamenti concordati e le modifiche proposte dal governo.
Respinti invece tutti gli emendamenti delle opposizioni, che hanno tentato - riuscendoci nella prima parte della giornata - di rallentare i lavori. Un tour de force che ha impegnato la commissione per l'intera giornata, con diversi momenti di tensione e stop and go.
Ma l'accordo politico, 'digerito' dai 5 stelle dopo una lunga trattativa e con la minaccia dell'astensione, non e' stato mai messo in discussione. La maggioranza vota compatta e licenzia un provvedimento fermo in Parlamento da circa un anno e legato alle risorse del Pnrr.
Il testo del ddl Bonafede ha subito ampie modifiche. Ma i nodi più spinosi e che hanno nelle ultime settimane messo a dura prova la tenuta della maggioranza stessa e del governo hanno riguardato la seconda parte della riforma, ovvero le nuove norme sulla prescrizione, da sempre cavallo di battaglia dei pentastellati. Infine, in extremis, è arrivato l'accordo: la riforma riguarda solo i reati commessi dopo il primo gennaio 2020, entra in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge, ed entra in vigore gradualmente, per consentire agli uffici giudiziari di organizzarsi.
Accanto alla prescrizione, si introduce il criterio della improcedibilità, prevedendo un regime speciale per i reati piu' gravi, come mafia, terrorismo, droga e violenza sessuale. Dal regime speciale vengono esclusi i reati contro la Pubblica amministrazione (dalla concussione alla corruzione). Esclusione che scontenta i 5 stelle ma fa gridare vittoria alle forze piu' garantiste, come Forza Italia.
Oltre alle modifiche volute dal governo (tra cui vanno ricordate anche l'introduzione dei criteri di priorità per l'azione penale stabiliti con legge del Parlamento e la 'stretta' sulle indagini 'fumose', ovvero che non danno la certezza di terminare con una sentenza di condanna, nonché la 'giustizia riparativa'), sono stati approvati alcuni emendamenti della maggioranza: tra le novità, il diritto all'oblio sulla rete dell'indagato o imputato assolto, l'arresto in flagranza per gli 'ex' violenti che non rispettano il divieto di allontanamento o avvicinamento alle case di famiglia, per tutelare le donne vittime di violenza e il rafforzamento dell'Ufficio del processo, da istituire in tutti i Tribunali, nelle Corti d'Appello e in Cassazione.
Nel complesso, la riforma così come modificata dalle norme Cartabia, mira a velocizzare i processi, 'incentivando' i riti alternativi, la messa alla prova, la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure. Quanto al capitolo prescrizione, dopo la sentenza di primo grado si blocca, ma con l'obbligo di chiudere i processi in due anni in Appello e in un anno in Cassazione, pena l'improcedibilita'. I processi piu' complessi possono durare in Appello tre anni e 18 mesi in Cassazione e per i reati piu' gravi il giudice potra' chiedere una proroga per altri tre anni in Appello e altri 18 mesi in Cassazione.
Non nasconde il disappunto il presidente della commissione, il 5 stelle Mario Perantoni: "Sono fortemente contrariato per la compressione dei tempi del dibattito che non ho potuto evitare per rispettare il tempo di approvazione che la maggioranza si è data", si sfoga dopo che la commissione ha licenziato il testo.
"Nessuno, Forza Italia compresa, può essere entusiasta a tutto tondo, ci sono alcuni passaggi delicati sia dal punto di vista tecnico-giuridico, sia rispetto alle appartenenze di ciascuno. Ma questa riforma 's'aveva da fare', nello stretto interesse del Paese. Per questo non sono favorevole ai trionfalismi: e' una riforma, necessariamente, un po' di tutti", commenta il sottosegretario di Forza Italia Francesco Paolo Sisto. Per il ministro leghista Giancarlo Giorgetti la riforma è "un pareggio, pero' con la vecchia regola con il gol in trasferta. Quindi, va bene cosi'".
L'esponente leghista esclude che il suo supporto sia stato fondamentale al raggiungimento dell'intesa, "di fondamentale, c'e' soltanto Mario Draghi. Alla fine, la chiude sempre lui. E per fortuna". Dal Pd Graziano Delrio osserva: "La riforma della giustizia e' un buon accordo nell'interesse del paese. Un buon compromesso a cui hanno contribuito in molti: il contrario del populismo e' la fatica del confronto". nel Movimento si rivendicano le modifiche ottenute: "Soli contro tutti abbiamo blindato i processi di mafia", spiega ad esempio l'ex Guardasigilli Alfonso Bonafede.