AGI - Come era prevedibile, anche questa settimana continua il processo di riavvicinamento fra i primi 3 partiti. Nella nostra Supermedia dei sondaggi, Lega, Fratelli d’Italia e Partito Democratico sono racchiusi ormai in uno spazio inferiore al punto e mezzo percentuale. Rispetto a due settimane fa, questo riavvicinamento si deve in gran parte al calo della Lega, che dopo diverse settimane di stabilità (quasi stupefacente, dal punto di vista statistico), oggi perde un punto intero. Dal canto suo, FDI fa un ulteriore balzo in avanti (+0,7%) toccando finalmente la soglia psicologica del 20% dei consensi, e anche il PD riprende a crescere, tornando sopra il 19%.
Possibile che si sia trattato di un travaso diretto di quell’1% perso dal partito di Matteo Salvini verso le formazioni guidate da Giorgia Meloni ed Enrico Letta? In realtà, continuando a scorrere la classifica, un altro dato balza all’occhio: la crescita consistente (+0,8) di Forza Italia, che torna così su livelli che non vedeva da circa 3 mesi. Una simile dinamica sembra suggerire che il dibattito fiorito nelle ultime settimane intorno all’ipotesi di una federazione (o persino di un partito unico) del centrodestra abbia finito per danneggiare la Lega e portare acqua al mulino di Silvio Berlusconi, tornato al centro della scena dopo una lunga assenza, nei panni di federatore del centrodestra – gli stessi con cui “scese in campo” ormai più di 27 anni or sono.
Continua invece anche questa settimana la flessione del Movimento 5 Stelle. Ma cosa sta succedendo a quello che è tutt’ora il primo partito parlamentare italiano? La risoluzione della (lunga) controversia con Davide Casaleggio e l’associazione Rousseau sembrava aver spalancato le porte a una navigazione più tranquilla per Giuseppe Conte, finalmente libero di “ereditare” la leadership del Movimento direttamente dal suo fondatore e garante, Beppe Grillo.
Eppure, la notizia di questi giorni è che proprio tra Conte e Grillo si son venute a creare forti divergenze di vedute su alcuni punti dirimenti del nuovo statuto. Come che sia, il “nuovo corso” del M5S che doveva essere inaugurato da Conte continua ad essere di là da venire. E il protrarsi di questa incertezza rende inevitabilmente sempre meno attraente il voto per il M5S.
Certo, secondo un’indagine dell’istituto SWG la grande maggioranza degli elettori pentastellati (circa 2 su 3) è convinta che l’ufficializzazione della leadership dii Giuseppe Conte farà vivere un “forte rilancio” al Movimento. Ma questa convinzione è decisamente meno radicata al di fuori del Movimento, dove a prevalere casomai è l’opinione che con Conte al comando il M5S potrà avere solo “una leggera ripresa” (la pensa così il 35% degli italiani).
A fare notizia nella politica italiana, in questi giorni, più che le beghe interne al Movimento (o ad altri partiti) è però altro: sicuramente le dichiarazioni rese in Parlamento dal premier Mario Draghi. Tra queste, su tutte spicca la frase pronunciata nella replica al Senato, dove Draghi ha risposto sul tema della lettera del Vaticano a proposito del ddl Zan, ribadendo la laicità dello Stato italiano e la piena libertà del Parlamento di legiferare. Nella stessa occasione, Draghi ha anche ricordato che sulla materia il suo Governo non prenderà posizione, e che spetterà quindi interamente al Parlamento (e al Senato, nella fattispecie) decidere il destino di questa controversa proposta di legge.
Ma il ddl Zan è davvero così controverso? Di certo, se si guarda a come si sono posizionate le forze politiche (con PD, sinistra e M5S nettamente favorevoli e centrodestra contrario), l’impressione è quella di trovarsi di fronte a un tema senz’altro divisivo. Il quadro però cambia, e non di poco, quando a essere interpellati sulla questione sono gli elettori.
La maggioranza delle (tante) indagini svolte da un gran numero di istituti di sondaggio, mostra come verso il ddl Zan vi sia un’opinione prevalentemente positiva. È il caso ad esempio di un sondaggio realizzato da Tecnè a fine maggio, dal quale emerge come la maggioranza assoluta degli italiani sia favorevole a questo nuovo provvedimento, ritenendo necessaria una legge specifica per estendere le categorie di soggetti oggetto di discriminazione. Solo un 30% invece (una minoranza consistente, ma pur sempre minoranza) pensa siano sufficienti le norme già esistenti.
Ancor più netti i risultati di un sondaggio svolto da Demos, secondo cui ben 7 italiani su 10 sarebbero favorevoli al ddl Zan, con solo un 16% di contrari. Il dato di Demos è interessante perché, come spesso avviene, ci consente di guardare anche all’interno dei singoli elettorati: scopriamo così che i favorevoli sono la maggioranza tra gli elettori di tutti partito, compresi quelli più agguerriti contro la proposta di legge (tra chi voterebbe FDI, ad esempio, i favorevoli sono il 55%), con punte di oltre l’80% tra gli elettori di PD e M5S. Come già avvenuto in passato, a quanto pare siamo di fronte a una scollatura tra le opinioni (prevalenti) degli italiani e quelli (ufficiali) dei partiti che li rappresentano. Resta da vedere se questo orientamento dell’opinione pubblica avrà infine un ruolo nel determinare il destino di questa proposta di legge.
NOTA: La Supermedia YouTrend/Agi è una media ponderata dei sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto, realizzati dal 9 al 23 giugno dagli istituti EMG, Euromedia, Ipsos, Ixè, SWG e Tecnè. La ponderazione è stata effettuata il giorno 24 giugno sulla base della consistenza campionaria, della data di realizzazione e del metodo di raccolta dei dati. La nota metodologica dettagliata di ciascun sondaggio considerato è disponibile sul sito ufficiale www.sondaggipoliticoelettorali.it.