AGI - Il caso Fedez-Rai prosegue sulla carta stampata. Il rapper in un'intervista ribadisce la sua posizione, respinge l'accusa di aver montato ad arte il video e si dice sicuro che altri artisti hanno subito pressioni in passato. Sull'altro fronte, parlano i senatori Ostellari e Pillon, che si mostrano pronti al dialogo in Parlamento su varie proposte di legge o modifiche al codice restando critici nei confronti del ddl Zan.
“Non voglio sembrare uno che vuole sfruttare questa situazione per apparire. Quello che volevo dire l'ho detto. Se la Rai vuole fare chiarezza, bene. Altrimenti quello che è accaduto è sotto gli occhi di tutti”, afferma Fedez in un colloquio con La Stampa; “Meno male che ho registrato la telefonata e non pensavo di dover arrivare fino a questo punto, ma evidentemente non c'è limite alla vergogna. Ora, nel momento in cui con un comunicato ufficiale mi si dà del bugiardo, sono costretto a pubblicare la telefonata “, tra l’altro “una delle telefonate più spiacevoli che ho avuto in vita mia. Adesso la Rai mi accusa di aver montato ad arte il video, ma io metto a disposizione la versione integrale e a quanto pare, visto che la stanno facendo girare anche loro, mi stavano registrando”.
“Sono devastato - aggiunge - non solo è vero che mi hanno chiesto di non fare i nomi dei politici leghisti ma sono sicuro che sia successo anche ad altri. Sarebbe interessante indagare dietro le quinte dei concertoni passati. In queste ore mi stanno scrivendo tanti colleghi anche molto famosi che mi dicono come situazioni simili siano capitate anche a loro”.
Entrando nel merito della polemica, il senatore leghista Andrea Ostellari, che dal 2018 presiede la commissione Giustizia di Palazzo Madama. Ricorda in un’intervista al Corriere della Sera che il testo del ddl Zan sull’omofobia “è arrivato dalla Camera nel novembre 2020. Allora c’era il governo Conte II. Nessuno ha mai sollecitato la sua iscrizione. Nemmeno il Pd. Perché? Se l’avesse fatto, non saremmo qui a parlare di Fedez”.
Secondo Ostellari, si tratta di un testo ideologico perché c’è “chi vorrebbe imporre la sua visione del mondo accusando di omofobia chi la pensa diversamente. Ma all’approvazione di una legge si arriva dopo un confronto, dopo tante audizioni e proposte di emendamento”. Poi chiarisce l’iter: “È il regolamento del Senato che prevede che il relatore sia ‘naturalmente’ il presidente della commissione che poi, a sua discrezione, può delegare. Ma ora discuteremo non solo quello ma anche gli altri quattro testi depositati, più il quinto della Lega che ha annunciato Salvini. Penso che alla fine si arriverà ad un testo unificato, come è avvenuto per la legittima difesa (di cui fui ancora io il relatore), che avrà contributi diversi”.
Secondo Simone Pillon, senatore della Lega e fiero antiabortista, il ddl Zan è "una proposta di legge divisiva e pericolosa con cui si confondono sesso e identità autopercepita”.
In un’intervista a La Stampa il senatore aggiunge anche che attraverso i ddl Zan si rischia di punire come ‘istigazione alla discriminazione’ ogni opinione contraria al pensiero Lgbt su adozione gay e utero in affitto”, tanto più che il ddl “impone l'ideologia gender nelle scuole con la scusa della giornata contro omo-bi-lesbo-transfobia”. “Al di là delle star del media system - afferma - è la maggioranza degli italiani che non la vuole”.
“Se vogliamo inasprire le pene già oggi previste per chi sia tanto cretino o pericoloso da insultare o aggredire qualcuno perché ha un orientamento sessuale diverso - conclude - siamo tutti d'accordo. Basta intervenire sull'articolo 61 del codice penale. Si fa in un mese, all'unanimità. Ma non creiamo categorie tra le persone offese”. (AGI)